Attenzione: la recensione che segue è per quanto possibile senza spoiler, ma è comunque possibile che contenga anticipazioni di trama.
Si era parlato in una recensione precedente del ciclo “della meteora” terminato con il numero 400 come di un retcon in salsa Bonelli, ovvero come di un tentativo di “resettare” e ricostruire la mitologia di una saga storica per attirare nuovi lettori e/o per lasciare a nuovi artisti una maggiore libertà di movimento nel confrontarsi con la testata, altrimenti appesantita dalla precedente continuity (ammesso che ce ne sia davvero una).
La miniserie recchioniana 666, che ha seguito la “meteora” e si è conclusa con il numero in questi giorni in edicola e che è il prodotto di quella decisione editoriale, raggiunge brillantemente il secondo traguardo, mentre – a mio parere – non eccelle in quanto ad “amichevolezza” verso i nuovi lettori. Può darsi che non fosse precipuamente quello l’obiettivo, è chiaro, ma le citazioni del Dylan classico in 666 rimangono perlopiù Easter eggs per lettori incalliti e collezionisti completisti – o per compratori compulsivi della collana di ristampe cartonate “Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi” – rimanendo oscure ad un eventuale nuovo lettore, che rischia così di perdersi elementi di trama; anche se – sia detto per inciso – le storie rimangono ben fruibili anche non cogliendo i richiami alla storia dell’Old boy.
Poco coraggio? Voglia di non strafare deludendo troppo quelli del “i primi cento numeri erano il vero DD”? Forse, oppure libertà artistica e volontà di inserire in quello che è in sostanza un reboot un grande omaggio alle origini. Ma tant’è.
Dylan Dog 666 si presenta da subito come una decisa serializzazione della narrazione, in cui ogni volume costruisce una storia più ampia, pur conservando apprezzabilmente un capo e una coda. Operazione che riesce bene anche perché Recchioni e gli autori sono attenti a non esagerare con i luoghi comuni un po’ triti del cliffhanger e del rimando al futuro narrativo (del tipo “quando tornerò ti racconterò di tuo padre”). Meno riuscita a mio parere la miscela di horror e giallo che fornisce i limiti di genere alle vicende del nostro, che a volte scade in un thriller psicologico un po’ trito che le molte citazioni intra ed extra “dylaniate” non riescono a rinfrescare. Le singole storie ricordano a tratti i numeri sbilanciati sul mistery del periodo Gualdoni, mentre gli elementi horror sembrano inseriti più per necessità editoriale o per volontà di citare che per convinzione, e risultano così spesso un po’ anticlimatici rispetto al tono generale della narrazione.
Tutto sommato, però, i numeri di 666 rimangono dal punto di vista della sceneggiatura e del soggetto di qualità buona o molto buona, anche considerando che si parla di fumetto seriale da edicola, medium con dei limiti intrinseci. Molto buono, con punte davvero ottime, il lavoro fatto dal punto di vista grafico tanto nel disegno quanto nelle copertine, con poche cadute di stile: personaggi a volte poco o troppo espressivi, o uso eccessivo di abbellimenti lenticolari o ad effetto metallizzato sulle copertine per fare qualche esempio.
In definitiva 666 è un prodotto riuscito e apprezzabile, con qualche difetto come umanamente ovvio ma con anche diversi pregi, e che dimostra ancora una volta quanto Dylan Dog abbia ancora qualcosa da dirci, avendo il coraggio di farlo parlare. Ma un prodotto che a mio parere non sembra sapere a chi vuole rivolgersi. Per carità, nella triste epoca dei fumetti “targetizzati” al millimetro pensare prima al contenuto artistico è fare bene, ma sarebbe un peccato trattenersi e non sfruttare fino in fondo le potenzialità di un personaggio come Dylan Dog per non turbare una minoranza di insoddisfatti cronici da social network o per inseguire i gusti del momento. Ma vale la pena stare a vedere.
Copertina Bonelli (dettaglio)
Nato a Bozen/Bolzano, vivo fuori Provincia Autonoma da un decennio, ultimamente a Torino. Laureato in Storia all’Università di Pisa, attualmente studio Antropologia Culturale ed Etnologia all’Università degli Studi di Torino. Mi interesso di epistemologia delle scienze sociali, filosofia politica e del diritto, antropologia culturale e storia contemporanea. Nel tempo libero coltivo la mia passione per l’animazione, i fumetti ed il vino.