Ricevuta la notizia della morte di Giulietto Chiesa ho riletto un suo articolo del settembre 2007 in cui annunciava e motivava la sua presenza alla manifestazione del 20 ottobre.[1] Si ricorderà che quella manifestazione era stata convocata dai partiti della sinistra radicale contro la precarietà e per chiedere un cambiamento nella politica sociale del secondo governo Prodi allora in carica (in particolare, l’abolizione della legge 30). L’accordo con i sindacati siglato dall’allora Ministro del Lavoro, il diessino Cesare Damiano per decenni sindacalista CGIL, pur superando lo “scalone” pensionistico del suo predecessore leghista Maroni era stato giudicato infatti insufficiente.
La manifestazione del 20 ottobre 2007 si collegava, oltre che all’esito del referendum sindacale sul protocollo Damiano (approvato con l’81% di sì ma anche con il prevalere del no nelle grandi fabbriche e nella Fiom), anche a due processi costituenti allora in corso nel centrosinistra: quello del Partito Democratico e quello della cosiddetta “Cosa rossa”. Letto da molti commentatori come, di fatto, una manifestazione di opposizione allo stesso governo di cui la sinistra radicale era parte, quel corteo esprimeva le difficoltà politiche della maggioranza parlamentare e cadeva in un contesto politico che vedeva quella stessa maggioranza attaccata da più fronti: da Confindustria, con il duro discorso di Montezemolo in maggio[2]; dalla destra e soprattutto da Berlusconi che stava per lanciare dal predellino il Partito della Libertà; infine da Beppe Grillo e dal suo sguaiato giorno dell’insulto.
La rilettura del suo articolo a distanza di quasi tredici anni è stata illuminante per cogliere la lucidità e l’acume ma anche i limiti dell’elaborazione di Chiesa.
Da un lato egli, oltre a porre l’attenzione sui temi geopolitici cui storicamente ha dedicato interesse, evidenziava temi che solo negli anni seguenti si sono imposti in tutte le loro tragiche conseguenze: l’impatto distruttivo dell’uomo sull’ambiente, che ha contribuito a provocare l’ondata migratoria degli ultimi anni e facilitato il passaggio all’uomo del SARS-CoV-2.
Credo sia utile citare per intero quelle riflessioni:
«un governo che continua a mettere al centro della sua azione essenzialmente la crescita del prodotto interno lordo non è in grado di fare fronte ai tremendi compiti che si delineano sul vicino orizzonte. Tra questi, prioritaria, è la questione del clima e quella, ad essa correlata, dell’energia. Abbiamo di fronte una manciata di anni per affrontare (non dico risolvere) questioni che riguardano la vita dei nostri figli e siamo soffocati da un’ignoranza generalizzata. Nessuno (anche nei media, nella tv pubblica) sembra preoccupato del fatto che lo stesso, ahimé realistico, obiettivo (europeo) di contenere la crescita della temperatura del pianeta entro i 2 gradi centigradi significherà comunque catastrofi immense e grande dolore umano. Chi pensa che riguarderà soltanto i poveri del pianeta, si sbaglia: anche noi ne saremo investiti, e, in massa, siamo impreparati. […] Neanche il migliore dei governi potrà infatti prendere, negli anni a venire, le decisioni dolorose che s’imporranno (di nuovo sul clima, sull’acqua, sull’energia, sulla vita organizzata delle nostre città) senza un minimo di consenso. E milioni di cittadini ignari del pericolo non potranno darglielo, educati come sono a essere consumatori compulsivi.»
Per altro lato questa visione era condita con un supremo disprezzo nei confronti del nascituro Partito Democratico, da lui sdegnosamente apostrofato come “Paperino”, il quale si sarebbe apprestato a «svolgere il compito che i poteri forti gli hanno assegnato, cioè di farla finita con la democrazia liberale e con la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza» – un ruolo per il quale sarebbe stato più appropriato il nomignolo del miliardario Paperone che quello del proletario indebitato e sottoccupato con tre nipotini a carico…
Ma in questa profonda sfiducia risultava coinvolta ai suoi occhi non soltanto il PD, ma anche la stessa sinistra radicale (da lui polemicamente chiamata «istituzionale»), rea di una distinzione dal PD soltanto «spirituale» e di avere anch’essa «“perduto il contatto” con la gente. Altrimenti non avrebbero perduto mesi a discutere con Angius e Boselli» (su questo, onestamente, è molto arduo dargli torto).
Questa perdita di contatto, che come si vede era per lui comune ad entrambi i poli della coalizione di governo, non era senza conseguenze. Condividendo di fatto la lettura di Bertinotti («Grillo colma un vuoto»), che fu respinta da D’Alema («Grillo non riempie vuoti, perché non dà risposte»)[3], Chiesa identificava il popolo grillino come pertinente in larga maggioranza alla sinistra, operando però in esso una distinzione fondamentale: quella tra chi era di sinistra, ma aveva perduto la fiducia in essa, e chi invece «non è di sinistra perché non l’ha mai incontrata in vita sua, non la conosce e l’accomuna al resto della classe politica nel suo disprezzo» (i giovani).
È chiaro che i temi sollevati da Chiesa interrogavano e tuttora interrogano la grande questione di come schierare la sinistra nel mondo della globalizzazione; una questione che, un po’ come la hegeliana nottola di Minerva, ci appare più nitida proprio mentre l’incipiente depressione economica si appresta a chiudere quella generazione iniziata col crollo del Muro di Berlino.
Se guardiamo a come questo dilemma è stato risolto dalle varie forze politiche, osserviamo che alcune hanno scelto di attrezzarsi per la campagna d’inverno e di restare in questo sistema. Questa scelta è assimilabile a quella compiuta, ad esempio, dai repubblicani che scelsero di entrare nelle istituzioni del Regno d’Italia. Come costoro, tali partiti (ad esempio il PDS-DS e poi il PD, o il Labour di Blair) non sono riusciti a mutare le strutture portanti del sistema, ma dentro di essi sono riusciti ad arrivare al governo e a varare riforme parziali ma comunque progressive (ad esempio, l’aumento dell’obbligo scolastico con Depretis o il programma Sure Start con Blair).
Altre forze, invece, dopo un’iniziale tentativo di condivisione del governo, sono giunte a ritenere quest’ultima inconciliabile con il punto fermo di una trasformazione radicale della società e sono quindi passati ad un’attività di opposizione sociale: ad esempio il Partito comunista francese o Rifondazione. In questi casi, però, la scelta dell’opposizione radicale ha coinciso con il quasi annullamento dei loro consensi, salassati da forze puramente populiste (Podemos) e sovraniste (La France Insoumise) o addirittura qualunquiste (M5s) o di destra (Lega).[4]
Altri ancora sono stati di fatto esclusi fin dall’inizio dall’attività di governo, vuoi per scelta vuoi per costrizione, e solo di recente hanno iniziato percorsi di riavvicinamento (è il caso della Linke in Germania, del Partito comunista portoghese e del Partito comunista di Boemia e Moravia).
Chiesa sembrava aver trovato una sua risposta personale a questo dilemma, una risposta nella quale si intrecciavano due lati forse contraddittori della sua storia: da un lato la militanza in grandi organizzazioni di massa, dall’altro l’opposizione sempre crescente alla sempre crescente pervasività di un nuovo ordine mondiale. Lui, che era stato per trent’anni militante del PCI e poi del PDS, era giunto a respingere la scelta di percorrere il gorgo della globalizzazione; ma, d’altro canto, questa presa d’atto non lo aveva portato all’adesione ad altri partiti, verso le cui potenzialità nutriva una medesima, se non addirittura maggiore in proporzione ai loro compiti, sfiducia.
Fu con un altro illustre dissidente “istituzionale” della svolta dalemiana del 1998, Achille Occhetto, che Chiesa tornò poi alla politica attiva venendo eletto europarlamentare nel giugno 2004, per la lista «Di Pietro-Occhetto – Società civile». Come Occhetto, Chiesa parve convinto che la dissoluzione del sistema sovietico avesse reso necessario un mutamento dell’elaborazione politica che non si limitasse a prendere le distanze dal socialismo dell’Europa orientale, ma che ripensasse dalle fondamenta una nuova teorica critica, non necessariamente incardinata nell’alveo terminologico e dottrinario dei socialismi storici.
A questa convinzione Chiesa dedicò con convinzione e con generosità gli anni seguenti. Quando Di Pietro e Occhetto, forse inevitabilmente, ruppero pochi mesi dopo le europee, egli aderì al nuovo soggetto dell’ex segretario comunista, il «Cantiere per il bene comune». Ed entrambi si reimmisero poi nel fiume della sinistra DS quando questa lasciò il partito, a primavera 2007, e si costituì in forza autonoma (Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo) avendo scelto di non aderire al PD.
Ma ancora una volta vediamo come questa adesione fosse più una forzata petizione della volontà che una fiduciosa condivisione politica:
«Una classe politica (e io direi anche imprenditoriale) così stupida non merita di essere trattata meglio di quanto abbia fatto Beppe Grillo, ma una risposta energica e meditata deve seguire la spallata. Vogliamo lasciare a Grillo l’onere di formularla? Mi aspettavo e mi aspetto dai partiti della “cosa rossa” qualche cosa di più degli attuali balbettii. Al Parlamento europeo ho voluto dare forza a Sinistra democratica, aderendo alla sua frazione europea come indipendente. Ma da Roma non è arrivata nessuna idea fino ad ora. Non vedo ampiezza di vedute, respiro; non vedo segnali che abbiano capito, a sinistra di Paperino, che bisogna rinnovare forme organizzative e metodi di analisi della società.»
Nessuna forza più della Sinistra DS poteva teoricamente rispecchiare quell’ambizione al «nuovo socialismo» domandato dal mondo[5] ma che non fosse né una reiterazione di vecchie coazioni né un fluido indistinto tutto appoggiato sul movimentismo d’abord. Preso atto però dell’inadeguatezza di quell’area politica a reggere il peso di un tale compito, Chiesa scelse di proseguire solitariamente questa rotta che, per le ridotte dimensioni su cui si appoggiava, si trovò a ricoprire un valore prevalentemente intellettuale e morale.
Dopo la ricandidatura all’europarlamento nel 2009 nelle liste della minoranza russa in Lettonia – sintomo di una coerenza davvero rara in una sinistra altrimenti pronta a giubilare per il separatismo petrolifero degli scozzesi o quello industriale dei catalani – ritornò infatti alla politica italiana con la fondazione di Alternativa nel 2010[6] e, in ultimo, con l’alleanza con Ingroia nella Lista del Popolo per la Costituzione[7] che si presentò alle elezioni politiche 2018 in nove circoscrizioni[8] fermandosi a 9921 voti (0,10%; 0,03% sul totale nazionale).
Negli ultimi tempi le considerazioni di Chiesa avevano virato su temi dichiaratamente populisti e che figuravano uno scontro mortale tra una élite mondiale («l’Impero») e i popoli del pianeta che essa soggiogava tramite l’uso della «Grande Fabbrica dei Sogni e della Menzogna», costruendosi Chiesa su queste basi un rapporto con alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle come Tamburrano o Cabras.
Eppure resta significativo che, da una breve ricognizione via Facebook, le forze politiche che lo abbiano ricordato nel giorno della scomparsa siano state solo due: il Partito Democratico[9] e l’ex PdCI, che porta oggi l’impegnativo nome di Partito Comunista Italiano[10].
Ovvero le due forze che più forte hanno mantenuto oggettivamente il legame con l’esperienza politica in cui Chiesa era nato. Gli esiti delle sue esperienze successive e l’esito del tentativo di costruire una navicella che fosse al tempo stesso antiglobalista, di sinistra, rinnovatrice, si sono avvitati in contraddizioni troppo forti e in risultati di consenso troppo deboli. Se la critica teorico-pratica del capitalismo può esercitare un’influenza di rilievo mantenendosi, come deve necessariamente, nella sinistra, niente come il percorso di Chiesa ci mostra che ciò può ancora avvenire solo nei grandi movimenti di massa organizzati in partito.
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https://www.feltrinellieditore.it/news/2007/09/20/giulietto-chiesa-mancano-idee-e-coraggio-a-sinistra-di-paperino-8996/ ↑
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https://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/economia/assemblea-confindustria/via-assemblea/via-assemblea.html ↑
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https://www.corriere.it/politica/07_settembre_14/alema_grillo_garibaldi.shtml ↑
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Tra gli elettori italiani autodefiniti di sinistra sono di entità comparabile le percentuali ottenute alle europee 2019 da La Sinistra (8,4%) e dalla Lega (7,6%); fonte: https://www.ipsos.com/sites/default/files/ct/news/documents/2019-05/elezioni_europee_2019_-_analisi_post-voto_ipsos-twig.pdf ↑
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http://web.archive.org/web/20061228204808/http://www.dsonline.it/componenti/sinistrads/documenti/dettaglio.asp?id_doc=37238 ↑
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https://web.archive.org/web/20171028145633/https://www.alternativa-politica.it/chi-siamo/ ↑
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https://web.archive.org/web/20180114042359/http://www.listadelpopolo.it/la-mossa-del-cavallo/ ↑
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Friuli Venezia Giulia, Marche, Lazio 1, Lazio 2, Campania 2, Basilicata, Calabria, Sicilia 1, Sicilia 2. ↑
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https://www.facebook.com/partitodemocratico/photos/a.10152599765211896/10157695144226896/ ↑
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https://www.facebook.com/pci.official/posts/3023154947745967 ↑
Immagine di William Domenichini (dettaglio) da Wikimedia Commons
Nato a Firenze nel 1989. Laureato in Scienze storiche (una tesi sul thatcherismo, una sul Risorgimento a Palazzuolo di Romagna), lavoro nel settore dei servizi all’impresa. Europeista e di formazione marxista, ho aderito a Italia Viva dopo quattordici anni in DS e PD.