Come ogni popolo vittima di continue vessazioni e violenze afferrate, anche gli afroamericani hanno i loro idoli, i loro rivoluzionari, i loro eroi. Tra questi spicca sicuramente Malcolm X.
Figlio di Earl Little, un predicatore assassinato quando Malcolm era ancora piccolo, per via delle sue simpatie nei confronti di Marcus Gravey, un noto sindacalista e scrittore di origine africana che predicava il panafricanismo. La morte del padre di Malcolm X venne registrata come disgrazia, ma per il leader afroamericano, questo omicidio è legato all’odio razziale e alle prese di posizione del genitore. Questa disgrazia influì profondamente sulla psiche della madre di Malcolm, tanto che si decise di affidare i figli a tre famiglie diverse, creando di fatto una separazione tra i ragazzi.
Malcolm era un ottimo studente, si fece notare durante le Junior High School per la sua brillante intelligenza. Il ragazzino sognava di poter diventare un avvocato, ma le parole di un insegnante lo bloccarono e crearono il primo tassello di una sensazione di esser diverso e condannato ai margini da una nazione repressiva e razzista.
In poche parole si sentì dire che essendo nero non poteva permettersi di far l’avvocato e si sarebbe dovuto accontentare di far lavori umili per i bianchi. Dopo una serie di lavori come il lustrascarpe e il cameriere, trasferitosi a New York, egli finirà per perdersi nel mondo della delinquenza.
In
prigione si fa notare per il suo continuare bestemmiare Dio e la
Bibbia, su queste basi sembra quasi strano che poco dopo, lo stesso
uomo, diventasse un musulmano convintissimo. Tutto merito di una
lettera di suo fratello Reginald che gli scrive della Nation of
Islam e di come questa organizzazione puntasse alla nascita di
una nazione nera interna agli Stati Uniti, ma totalmente
autonoma. La scoperta della N.O.I. fu fondamentale per Malcolm,
divenne uno studioso di storia, filosofia, imparò a render più
efficaci le sue capacità oratorie e di scrittura. Per molto tempo,
ogni giorno, inviava dal carcere delle lettere al leader
incontrastato e venerato come un dio, l’onorevole Elijah
Muhammad.
Malcom si fa notare per le sue posizioni contro la
Guerra in Corea e arriva a definirsi comunista, inoltre decide di
abbandonare il proprio cognome per sostituirlo con una X.
Simbolo della presenza del potere dei bianchi in ogni aspetto della
vita di un uomo nero. Infatti il cognome degli afroamericani è
quello che indica il padrone per cui i loro antenati lavoravano come
schiavi. Malcolm inoltre sosteneva che questa lettera è anche la
metafora perfetta per comprendere come ogni afroamericano non
abbia una storia che gli appartenga. Non sanno nulla del paese di
origine da cui provengono, si devono accontentare di una narrazione
scritta dai bianchi.
Durante la sua permanenza nella Nation of
Islam si fece notare come oratore straordinario, capace di attirare
l’attenzione delle folle. Da subito si notò una grande differenza
con l’altro leader afroamericano di quel periodo, ovviamente mi
riferisco a Martin Luther King. Quest’ultimo con il suo
Movimento dei Diritti Civli propagandava la non violenza e una certa
coesistenza tra neri e bianchi nel nome della pace. Malcolm X invece
era un sostenitore della violenza come pratica di difesa,
visto che farsi prender a manganellate non portava altro che fratelli
e sorelle massacrate.
La violenza è l’arma che i poveri e gli
oppressi hanno a disposizione per contrastare il potere degli
oppressori. Perché si sta parlando di situazioni di guerra. Una
guerra sporca e squallida quella che l’America bianca ha portato
avanti con le sue minoranze per motivi razziali. Partita con il
genocidio dei pellerossa e continuata sulla pelle dei neri,
principalmente, ma che vede tra i tanti tartassati anche i latino
americani, fino ai bianchi più poveri.
Tornando
a Malcolm X, le cose per lui non potevano che mettersi male. Le sue
parole cominciavano a creare una certa divisione con il leader
massimo della N.O.I. La sua importanza, d’altro canto, cominciava a
dar fastidio ai tanti mediocri tirapiedi di Muhammad, invidiosi del
rapporto speciale che esisteva tra i due e inferociti per le doti
intellettuali unite alla grande capacità di Malcolm nel farsi
ascoltare e amare dal popolo afroamericano.
L’episodio che
metterà fine ai rapporti tra i due uomini e all’allontanamento di
X dalla Nation of Islam è legato alle parole dure che Malcolm X usò
per commentare l’omicidio di J. F. Kennedy: “il pollo è
tornato nel pollaio, e io non mi rammarico. Ne sono felice”. X
voleva sottolineare, giustamente, che i Kennedy erano state vittime
di una violenza che non erano riusciti a fermare, quella che la
Nazione usava al suo interno con il popolo afroamericano e i poveri e
quello delle guerre colonialiste, del sostegno ai peggiori dittatori,
della guerra in Vietnam. Queste sue parole gli costarono la
sospensione dall’organizzazione islamica e nazionalista.
Un‘organizzazione che aveva reso milionario il suo fondatore
e la sua famiglia. In alcune città, esempio Newark da cui partì il
commando che uccise Malcolm X, tutti i negozi e gli immobili
appartenevano alla Nation of Islam e quindi alla famiglia di Elijah
Muhammad. Per cui dietro all’istituzione paramilitare del F.O.I. da
cui par provengano i killers di X, dietro alle parole dei loro leader
c’era l’ingordigia del denaro. Anche se per moltissimi
afroamericani la Nation of Islam è stata ed è importante, ha dato a
loro una nuova vita, una coscienza e identità.
Tuttavia durante
questo periodo Malcolm X cerca di farsi perdonare, ma una volta visto
che le porte sono chiuse comincia a criticare pesantemente la N.O.I.
Arrivando a dire che Muhammad ha avuto diversi figli con giovanissime
ragazze legate all’organizzazione. Questo attacco peggiora la
situazione e comincia a crearsi un clima di minaccia nei suoi
confronti.
Nondimeno
Malcolm X cresce come leader si avvicina al panafricanismo,
riflette sulla religione musulmana, e arriva a capire, dopo un
viaggio in quel della Mecca, che la religione supera le razze,
per cui non lotta solo per i neri dei centri urbani, ma apre a tutti
gli ultimi distrutti da sistema capitalista e imperialista. Tenta
anche di usare Cassius Clay, in quel tempo al massimo della
popolarità, per ricucire i danni con Muhammad ma le cose vanno
malissimo.
Perché se è vero che sta crescendo moltissimo come
leader rivoluzionario, non possiamo negare che l’espulsione dalla
Nation of Islam è quanto di più duro possa capitargli. Senza
stipendio, casa, completamente solo e con una famiglia a carico.
La
polizia e l’F.B.I. che da anni lo ostacolano e ne preparano la
caduta usano questi suoi problemi per scatenare i loro informatori e
infiltrati nella N.O.I. e nella comunità di colore, cercando di
creare un clima che porti alla morte del leader afroamericano.
Il resto è storia. L’omicidio che pone fine alla vita del più grande tra i rivoluzionari nati in America, forse l’unico, l’abbiamo vista anche nel bellissimo film di Spike Lee.
Ora su Netflix, potete trovare un interessante e ottimo documentario che riprende le indagini sulla morte di Malcolm X. Seguendo le indagini gestite male, la negligenza nell’arrestare i colpevoli. Il documentario ricostruisce la vita di questo indimenticabile eroe degli e per gli oppressi di tutto il mondo, mette in evidenza le contraddizioni all’interno della N.O.I. e lascia la parola ai testimoni, a chi ha militato in questa organizzazione, mette in evidenza come all’interno della polizia di New York vi fosse una squadra speciale, denominata Boss, che serviva a distruggere ogni forma di ribellione contro il sistema, e come in quel periodo fosse particolarmente attenta a X e ai neri delle periferie. Rende giustizia a due uomini accusati ingiustamente di far parte del commando che assassinò Malcolm e di come non fosse bastata nemmeno la confessione dell’unico membro del gruppo di assassini arrestato per poterli scagionare dalla galera. Due afroamericani che hanno passato decenni e decenni dietro le sbarre completamente innocenti.
Questo lavoro Chi ha ammazzato Malcolm X? alla fine riesce a trovare l’assassino materiale di Malcolm. Un nero della moschea n 25 di Newark, cittadina che detestava il traditore allontanato dal venerabile Muhammad, un tal di nome Bradley. Io penso sia un buon modo per ricordare o avvicinarsi alla figura di Malcolm X. Per questo ve lo consiglio caldamente.
Immagine da Wikimedia Commons
Davide Viganò nasce a Monza il 24/07/1976: appassionato di cinema, letteratura, musica, collabora con alcune riviste on line, come per esempio: La Brigata Lolli. Ha all’attivo qualche collaborazione con scrittori indipendenti, e dei racconti pubblicati in raccolte di giovani e agguerriti narratori.
Rosso in una terra natia segnata da assolute tragedie come la Lega, comunista convinto. Senza nostalgie, ma ancor meno svendita di ideali e simboli. Sposato con Valentina, vive a Firenze da due anni