Il SARS-CoV-2 potrebbe essere un un nuovo virus patogeno per l’essere umano, precedentemente circolante solo nel mondo animale. Almeno è l’ipotesi di cui parla il Ministero dell’Interno delle sue FAQ, da cui si possono trarre una serie di indicazioni utili, approfondite dal sito dedicato: http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus.
Sui social e sugli organi di informazione altri argomenti trovano sempre meno spazio, tanto che sembrano essere passati in secondo piano anche gli elementi dello scontro che sembrava profilarsi su questo tema tra Lega e Governo nazionale (con momenti di polemica molto forte registrati anche in Toscana).
Leonardo Croatto
Doveroso – per quanto scontato – preambolo: ogni minaccia alla salute delle persone deve essere trattata con la massima serietà e attenzione, facendo ogni ragionevole sforzo possibile per limitare il pericolo di diffusione di malattie. Fatta questa (seppur ovvia) premessa, l’impressione è che questa vicenda del Coronavirus sia sfuggita dal perimetro della razionalità e della sensatezza.
Dando uno sguardo ai quotidiani stranieri, le notizie sulla diffusione del virus hanno più o meno la stessa importanza del fatto di cronaca del giorno: Harvey Weinstein è stato condannato. Leggendo i giornali italiani sembra che si sia apertro il libro dei sette sigilli e i quattro cavalieri dell’apocalisse siano già sulla terra.
Ad oggi (e come ogni anno) i casi di influenza comune sono oltre 15 milioni e i morti più di 8000, eppure questi numeri sembrano non spaventare nessuno.
Ora, se è chiaro che la rapida diffusione possa spingere a prendere misure drastiche, le reazioni incontrollate e insensate causate dalla martellante campagna di terrore portata avanti dalla stampa (i saccheggi nei supermercati, ad esempio) sembrano guidate dall’irrazionalità e dalla paura, non certo da una saggia gestione dell’emergenza. E’ più la paura che il virus stesso che rischia di mettere in pericolo la salute e la libertà delle persone e l’economia del paese.
La narrazione distorta dell’epidemia è costruita da una stampa miserabile che sopravvive inventando l’ultima sensazione, sperando di vendere qualche copia in più grazie a titoli impressionanti, anche se questo comportamento incosciente rischia di sovradimensionare la percezione del rischio, con le ricadute che abbiamo già visto: episodi di intolleranza verso presunti untori (identificati con interi gruppi sociali), intasamento degli ospedali, aumento del consumo di farmaci impropri (in particolare gli antibiotici).
Visti i rischi associati al fattore paura, l’auspicio è che i dispositivi adottati per ridurre la diffusione del virus siano appropriati e misurati, che l’informazione data ai cittadini da sindaci, governatori di regione e governo sia equilibrata, che le misure di prevenzione messe in atto non creino più problemi di quanti ne risolvano e che a nessuno venga in mente di usare questa emergenza per comprimere gli spazi di democrazia.
Piergiorgio Desantis
È assai difficile scrivere cose sensate circa la diffusione del Coronavirus, visto il fiume di parole sversato (è il caso di dirlo) da tanti per creare soggezione e incertezze, entrambe assai presenti da tempo nella società italiana. Sarebbe troppo stupido e anche molto elitario irridere le paure, le difficoltà della stragrande maggioranza degli italiani e italiane in questi giorni.
Pur ricordando che si tratta di un’influenza che ha una bassa mortalità tra le persone sane e in un buono stato di salute, trattasi comunque di una minaccia alla salute pubblica e allo sviluppo italiano. Resta centrale l’impianto sanitario pubblico italiano, di studio e di prevenzione, che va implementato e rigenerato, anche perché resta unico paracadute nelle situazioni di gravi difficoltà come quello attuale.
Si palesano, inoltre, evidenti tutte le difficoltà e i balbettii delle regioni italiane, che procedono in ordine sparso circa le misure da adottare, nonché la follia di spezzettare ulteriormente le competenze, soprattutto su temi importanti come la salute e la sanità, vista l’incombente riforma (mai ammainata) dell’autonomia differenziata. C’è la necessità di un governo coeso e forte che restringa e impedisca l’ulteriore contagio e, una volta sconfitto il virus, agevoli la ripresa dopo i notevoli danni economici e umani.
Dmitrij Palagi
In Toscana la vicenda del nuovo Coronavirus ha forse registrato i suoi punti più bassi. In vista delle elezioni regionali le destre hanno scelto di cavalcare la notizia di questi giorni per attaccare frontalmente il governo locale di Enrico Rossi. Questa operazione è stata alimentata dalle dichiarazioni di Roberto Burioni, nome noto all’opinione pubblica per il suo impegno di “divulgazione”, con uno stile dibattuto al pari dei contenuti che vengono veicolati dal suo “Medical Facts”.
A Firenze era stato aperto un ambulatorio, contestato da una parte di chi lavorava nei presso dell’edificio individuato, per visitare i pazienti considerati a rischio. Quella stessa decisione è stata rivista a distanza di un paio di giorni, a causa delle nuove indicazioni nazionali sulla quarantena. Nel frattempo si allargano le misure previste dal Governo (con la chiusura di strutture pubbliche e sospensione di eventi) e grande è l’impegno richiesto a chi lavora nel sistema sanitario.
Potrebbe essere l’occasione per la sinistra di avanzare una forte campagna a sostegno del finanziamento del settore pubblico dedicato alla salute della cittadinanza e di quello della ricerca. In modo non strumentale, evitando l’allarmismo e l’atteggiamento esemplificabile con l’espressione “ma se ne uccide più l’influenza”. I numeri evocati per operazioni comparative tra questo nuovo Coronavirus e altre malattie rendono possibile sviluppare una posizione che evidenzia la necessità di rafforzare il sistema sanitario e quello della ricerca. Così come le città ostaggio del turismo come principale fonte economica (Firenze e Venezia sono solo la punta del fenomeno in Italia) dovrebbero aprire una riflessione su quale tipo di sviluppo hanno intrapreso da tempo. Invece divampano polemiche vuote. La politica si inventa competenze che non ha, per evitare di affrontare le sue responsabilità (politiche pubbliche, tutela del servizio sanitario, investimenti sul fronte della ricerca). Questo mentre lavoratori e lavoratrici garantiscono il funzionamento dello Stato, con orari straordinari e condizioni di difficoltà nello stare dietro all’ordinario (che non è sparito, come ha ricordato Zaia in una dichiarazione dove ha parlato del rischio di dover scegliere tra proseguire con i trapianti od occuparsi del Coronavirus, nella sua Regione).
Jacopo Vannucchi
Tralasciando gli aspetti medico-sanitari della vicenda, l’emergere di focolai di Sars-Cov-2 in Italia del Nord pone alcune questioni più che interessanti.
1) Quale sarà l’impatto sul Servizio Sanitario Nazionale? Ad oggi la gestione dei casi di coronavirus, e in generale dell’emergenza, da parte del SSN si è rivelata all’altezza e ha confermato non solo la prontezza della struttura, preparata ad affrontare casi eccezionali, ma anche la professionalità del personale, fin dal sequenziamento in tempi brevi del coronavirus avvenuto tre settimane fa. L’eccezionale efficienza del SSN italiano può anzi essere confermata proprio dall’emersione di questi focolai: visto che in oltre l’80% dei casi il virus dà sintomi meramente influenzali [leggi qui], non è affatto improbabile che in altri Paesi, che ufficialmente contano pochi casi o nessuno, i focolai possano essere passati sotto silenzio proprio perché la sanità locale non sarebbe riuscita a individuarli.
2) Quale sarà l’impatto sull’economia? Il commissario europeo agli Affari economici, l’italiano Gentiloni, ha lanciato un allarme di carattere globale (ma chiaramente sollecitato dalla situazione del suo Paese) definendo il Sars-Cov-2 «il maggiore rischio al ribasso per l’economia mondiale». La frase contiene un errore macroscopico, perché il maggior rischio di recessione economica è dato dalla strutturale sperequazione nella distribuzione della ricchezza prodotta, sperequazione già tratto tipico del sistema capitalista ma acuitasi a dismisura negli ultimi anni/decenni. Tuttavia, proprio dall’emergenza sanitaria potrebbero scaturire politiche di intervento pubblico da estendersi anche al piano economico. Per ciò che riguarda l’Italia, verranno comunque al pettine i nodi di un sistema che negli ultimi tempi ha coltivato l’illusione di poter vivere di turismo.
3) Quale sarà l’impatto sulla società? Il 15 febbraio 2020 il decesso di un paziente cinese in Francia fu il primo avvenuto per Sars-Cov-2 fuori dall’Asia. Confrontando le edizioni online di due giornali paragonabili per orientamento politico e ceto di riferimento, ossia la Repubblica e Le Monde, si notava al riguardo un totale silenzio del secondo a fronte di un titolone del primo. I germi di immaturità della società italiana – tra gli altri la distanza tra società e Stato, l’assenza di legami nazionali collettivi, il familismo amorale, la ricerca del capro espiatorio – esercitano sempre una forte sollecitazione sulla tenuta della convivenza civile. Sarà interessante osservare l’interazione tra la severità delle misure governative (che per ammissione del Ministro Speranza sono precauzionalmente superiori a quanto consigliato) e l’insofferenza popolare alle regole. Se la paura aumenterà, ciò fiaccherà la popolazione e la renderà più propensa ad accettare restrizioni, oppure la farà inferocire? E fino a che punto l’uso di misure di quarantena e di polizia influirà sull’eredità politica del futuro? (Ad esempio, per la gestione dei flussi migratori, dell’ordine pubblico, ecc.)
Immagine da www.comune.vercelli.it
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.