La prosperità economica di molte potenze mondiali è dovuta alla pratica abominevole della schiavitù. Fra le nazioni che hanno tratto giovamento economico con questa pratica, un posto importante appartiene agli Stati Uniti.
I primi casi di schiavismo con protagonisti degli africani rapiti nelle loro terre di origine e portati nel Nuovo Mondo per esser schiavi di proprietà, avviene intorno all’anno 1619. Quando quelle terre erano ancora colonie inglesi. Da notare che gli inglesi durante la cosiddetta “rivoluzione americana”, arruolarono diversi schiavi di origine africana per combattere contro gli insorti. Molti di questi schiavi furono portati in Inghilterra dove si presume trovarono una forma di libertà sicuramente migliore rispetto alla schiavitù da loro conosciuta durante la loro permanenza negli Stati Uniti.
La materia è molto vasta ed impegnativa. Io vi suggerisco di leggere La Non Violenza di Domenico Losurdo, nelle prime pagine si affronta il dilemma di molte associazioni di credenti e della loro posizione nei confronti di tale ignobile caratteristica di moltissimi stati del Sud degli Stati Uniti, cioè come intervenire contro di essa? Da una parte era chiaro che la situazione non poteva concludersi basandosi sulle sole preghiere o assemblee religiose per far in modo che gli uomini imparassero a non ritener altri uomini come solo mezzo di produzione, ma trattarli da esseri umani. Dall’altra in alcuni di questi gruppi religiosi sorse l’idea che i proprietari di schiavi fossero dei demoni al servizio d Satana, per cui al massimo avresti ucciso dei diavoli. A prevalere era però la condanna totale a qualsiasi forma di violenza da parte degli schiavi, arrivando al punto anche di far leva sugli schiavi fuggitivi affinché non scappassero od opponessero resistenza in alcun modo, in quanto anche quelli atti potevano dar vita a episodi di violenza.
Come se la guerra dello sfruttato, torturato, ammazzato, fosse uguale (o peggiore secondo la mentalità non violenta) a quella del suo aguzzino.
Cercando
su Wikipedia potete trovare alcune notizie importanti su questo
argomento. Vi invito a leggerle. Come sempre il mio compito non è
tanto darvi un ‘informazione direi scientifica e rigorosa, passo
dopo passo degli eventi, ma vorrei che attraverso questi miei
articoli qualcuno provasse il piacere e l’intenzione di
approfondire un tema come quello della storia degli afroamericani,
che a mio avviso è il punto debole delle fandonie americane, la
crepa nel loro sogno americano e in quella immagine detestabile di
nazione innocente, che combatte per la libertà e le opportunità.
Tuttavia un po’ di storia va fatta. Alle origini la schiavitù
era in grossa misura “a debito”, c’erano molti africani, ma
altrettanti bianchi. Spesso erano persone disperate che lasciavano i
loro paesi in cui vivevano situazioni di miseria estrema per trovar
fortuna nel mondo nuovo. Questi pagavano le spese del viaggio,
appunto prestando servizio e manodopera nelle zone in cui vi era
maggior ricchezza (tabacco, caffè, cotone) una volta pagato il
debito erano uomini liberi. Questo sistema venne messo in discussione
dai politici legati allo schiavismo e da cui traevano solo benefici.
Infatti subito fu chiaro che una volta libero quell’uomo portava
con sé anche una buona preparazione lavorativa, pensa quanto avrebbe
monetizzato se fosse rimasto sempre in catene.
Dobbiamo anche
aggiungere, per la cronaca, che una piccolissima percentuale di
nativi americani e afroamericani liberi aveva i loro schiavi. Una
nota di colore, sai mai che uno di destra prenda questa cosa per far
del revisionismo spiccio. Tipico delle destre e dei veltroniani di
casa nostra, no?
Per cui si puntò a uno schiavismo permanente
che regolasse ogni aspetto della vita degli schiavi. Per impedire ad
esempio che un padrone bianco avendo un figlio con una schiava di
colore, dovesse riconoscere che in effetti quel bimbo aveva sangue
“bianco” che scorreva nelle vene e per questo potesse vivere una
vita di libertà, si pensò di legiferare in modo che per il
nascituro contasse il sangue materno, facendo di lui uno schiavo
ancora prima che potesse nascere. E lasciando che moltissimi padroni
soddisfacessero le loro turpi voglie sul corpo inerme delle schiave.
Questa atrocità all’interno di un orrore vastissimo come la
schiavitù, a mio avviso, segna in modo inequivocabile come il
problema delle violenze sulle donne sia legato al rapporto di forza
classista prima ancora che di un generale patriarcato, effetto di
tale orribile pratica di potere di classe.
Per impedire di
rimetterci con le continue fughe degli schiavi fu deliberata la
tristemente nota Fugitive Slave Law del 1850, che
prendeva ispirazione dalla precedente Fugitive Slave Act del
1793.
Nonostante
queste leggi e la violenza dei sorveglianti unita a quella dei
padroni, moltissimi schiavi fuggirono o si ribellarono. Bruciando le
piantagioni, rifiutando di lavorare. Sappiamo ancora poco di questi
eroi invisibili, ma quello che ci basta sapere è quanto fosse giusta
la loro ribellione. Qualche fortunato trovò rifugio in Canada, altri
negli Stati americani in cui non c’era la schiavitù, ma molti di
loro furono ripresi e andarono incontro alla furia dei loro padroni,
subendo torture, sevizie e morte.
Per poter abolire lo
schiavismo, come sappiamo si dovette combattere una guerra civile, la
quale su carta promise ai neri la libertà, ma che a conti fatti non
è proprio così. Se vi dovesse interessare l’argomento, potreste
cercare altri miei articoli dedicati alla condizione degli
afroamericani e in modo più ampio al tema del razzismo e
colonialismo.
In
questa sede prenderò come esempi due opere cinematografiche recenti
e una breve storia di un ribelle che trenta anni prima della guerra
di Secessione guidò la lotta degli schiavi contro i bianchi,
causando anche perdite tra innocenti.
Tuttavia chi è innocente
quando la tua razza sistematicamente elimina bambini e donne della
razza che reputi minore alla tua? Come è possibile aver la forza di
distinguere quando i padroni non lo fanno?
Nat
Turner
è forse il primo ribelle che diede filo da torcere agli schiavisti
del Sud. Nato nello Stato della Virginia (il primo stato a usare
sistematicamente la schiavitù) esattamente in quel della Contea di
Southampton il 2 ottobre 1800 e morto per impiccagione a Courtland
l’11 novembre 1831.
Di lui sappiamo che, a differenza di altri
schiavi, era in grado di leggere. Le sue letture erano tutte di
natura religiosa. Queste letture colpirono moltissimo il giovane uomo
che cominciò a predicare la parola di Dio agli altri schiavi, tanto
da esser riconosciuto con il soprannome de “Il Profeta”.
L’ossessione religiosa, il furore delle sue parole legate a visioni
che sosteneva di avere, contribuirono non poco alla realizzazione di
una grande, potente, travolgente rivoluzione che vide agire numerosi
schiavi ormai certi di potersi liberare dell’uomo bianco.
Ripeto
uomo bianco perché quando nasci, cresci e muori per mano dei bianchi
e con la totale indifferenza o disprezzo anche delle loro donne e
bambini, risulta complicato tener sotto controllo una rabbia
violenta, feroce, crudele che vuol solo vendicare il proprio popolo
sottoposto a secoli di violenze di ogni tipo, in cui donne e bambini
subivano le peggio torture. Non è giustificazione o tifo ma dar un
contesto preciso in cui le morali attuali di persone ben distanti da
certe situazioni tendono a metter insieme oppressi e oppressori (come
vi anticipo vedremo in un mio prossimo articolo sui campi di
concentramento italiani contro la popolazione slava durante la
seconda guerra mondiale) causando inutili polemiche che avvantaggiano
solo gli oppressori e condannano gli oppressi.
Tornando a
Turner, un giorno colpito da un’eclisse solare pensò bene che
quello fosse il segnale inequivocabile che Dio ordinasse ad egli di
dar inizio alla rivoluzione. Gli uomini vennero a sapere dell’azione
ascoltando cantare Nat Turner. L’uso di canzoni con testi
particolari e simbolici fu una pratica usata per far comunicar gli
schiavi tra di loro, come in questo caso.
La notte del 21 agosto
1831 una settantina di schiavi vennero liberati dalle proprietà dei
bianchi. Dove passavano sterminarono le famiglie schiaviste,
utilizzando strumenti di lavoro e non pistole o fucili per non far
sentire gli spari. Tuttavia non uccisero i bianchi poveri e i senza
tetto “Questi poveri uomini non vivono in condizioni molto migliori
di noi negri” mentre la loro violenza colpì duramente chi in modo
diretto o indiretto aveva usato abitualmente la violenza fino alla
morte contro gli schiavi. Come tutte le insurrezioni spontanee e
senza un piano preciso, la rivolta venne soffocata dopo solo 48 ore.
Turner venne imprigionato e impiccato, con molti altri compagni
rivoltosi. Le milizie bianche furono lasciate libere di agire senza
nessun controllo e questo portò alla morte di 120 afro americani,
uccisi solo per il colore della pelle.
Turner dopo
l’impiccagione venne decapitato e la sua testa esposta come monito
per tutti gli schiavi e i neri. Visto che la ribellione nacque da
parte di un nero a cui i padroni avevano insegnato a leggere le Sacre
Scritture, si pensò di vietare agli schiavi di saper leggere e
scrivere. Impedendo qualsiasi forma di insegnamento a costoro.
E
con questo argomento ci colleghiamo con un film molto interessante e
importante sul tema della schiavitù: 12
anni schiavo.
La
vicenda di Solomon Northup
è molto interessante perché si prende in considerazione un uomo di
colore libero. Non uno schiavo, ma un noto e ammirato musicista e
persona colta.Era
figlio di uno schiavo liberato per via di meriti di guerra dal
capitano Northup da cui prese il cognome. Grazie a questa libertà
acquistarono una fattoria e vissero una vita da cittadini qualsiasi.
Solomon nei tempi liberi dal lavoro in fattoria, imparò a suonare il
violino. Facendosi ben presto apprezzare da una vasta comunità di
amici e conoscenti. Si sposò ed ebbe tre figli. Nel 1841 incontro i
suoi rapitori Brown ed Hammilton ( nomi di fantasia di Alexander
Merril e Joesph Russel) i quali gli offrirono un lavoro per il loro
circo. Solomon lavorò con loro una notte a New York, rimandando
deluso per la povertà dello spettacolo. L’uomo era convinto che il
lavoro durasse solo nell’arco di quella notte per cui non avvisò a
casa della sua mancanza per quel lasso di tempo. I due uomini
convinsero Northup a seguirli nella capitale. Posto assai pericoloso
per un uomo afroamericano, perché non abolizionista. Drogato e
incatenato l’uomo fini nelle mani degli schiavisti James Birch e
Redburn, venendo sistematicamente torturato per non fargli denunciare
la sua natura di uomo libero.
Tuttavia Northup cercò con ogni
mezzo di salvarsi dalla schiavitù, arrivando a progettare una
ribellione da parte degli altri schiavi a bordo della nave che li
portava a Sud. La cosa non andò in porto causa un’epidemia di
vaiolo scoppiata a bordo. Non meglio andò con una lettera data a un
marinaio col fine di far conoscere all’avvocato Henry Northup del
fatto accaduto. Purtroppo non avendo a disposizione delle indicazioni
precise questo tentativo naufragò. Egli stesso si ammalò di vaiolo
facendo scendere di molto la sua valuta nel mercato degli schiavi. Fu
acquistato da un predicatore di nome Ford, L’uomo fu l’unico
bianco a mostrare rispetto e affetto verso lo schiavo. Il periodo di
pace relativa duro poco perché Solomon si mise nei guai con un uomo
al servizio di Ford. Per questo finì nella mani di un altro padrone
Epps. Con costui visse i momenti peggiori della sua esistenza fino a
quando riuscì a trovare un altro bianco che lo aiutò a creare dei
contatti con i suoi conoscenti di New York.
L’uomo era uno dei
tanti abolizionisti bianchi che trovavano la schiavitù un sistema
odioso di sopraffazione dell’uomo su un altro uomo. Costui si
chiamava Samuel Bass era un carpentiere canadese che lavorava nella
proprietà di Epps. La vicenda della lettera e di come arrivò nelle
mani giuste è assai complessa e complicata. Bass infatti era
profondamente terrorizzato per quello che gli poteva capitare, visto
che era in voga la famigerata legge Fugitive Slave Act che metteva
nero su bianco su come anche un bianco che aiutasse un nero a fuggire
sarebbe stato severamente punito dalla legge o lasciato nelle mani
delle milizie. Per questo Bass rimase molto vago non accennando alla
proprietà di Epps in modo chiaro e inequivocabile . Diede
informazioni per comprendere grosso modo la zona dove Solomon era
tenuto in catene, tuttavia da New York si attivarono subito e dopo un
lunghissimo lavoro che vide in campo diverse autorità, Henry
Northup riuscì a incontrare Samuel Bass di persona. Grazie a questo
incontro Solomon riuscì a liberarsi.
Nondimeno ci tengo a
precisare il fatto che la libertà americana è assai relativa e
anche se ormai senza catene e lontano dalle torture dei suoi rapitori
e dei padroni sudisti, Northup non riuscì a trovar giustizia contro
i suoi aguzzini, semplicemente perché la legge non gli permise di
testimoniare contro le persone che lo hanno ridotto in schiavitù.
Perché i neri non potevano testimoniare.
L’ipocrisia del sistema si palesa totalmente in questo atto. D’altronde non bastò nemmeno la guerra di secessione e la vittoria dei nordisti per poter dare la libertà agli afroamericani, come si evince dalla storia portata sugli schermi dal film Free State of Jones.
L’opera si basa sulla storia vera di Newton Knight nato nella contea di Jones nel 1837, nipote di uno schiavista, il più importante in questo ignobile settore. Tuttavia dopo la morte del nonno, il padre di Newton non volle continuare questa discutibile ed esecrabile eredità. Newton, secondo le poche fonti attendibili che son giunte a noi per mano del figlio e di una pronipote, era contrario alla schiavitù per motivi religiosi. Come abbiamo già visto, tra i primi a combattere lo schiavismo e a chiederne l’abolizione sono proprio le formazioni religiose dell’epoca, in nome delle Sacre Scritture e del Nuovo Testamento.
Certo Domenico Losurdo mette in evidenza i limiti di certe scelte, vi riconsiglio a tal proposito la lettura de La Non Violenza ed La Terza, ma di fatto è stato il modo in cui i bianchi del sud hanno preso la distanza dallo schiavismo.
Knight era un fedelissimo battista primitivo, la sua religione proibiva severamente il fatto di avere schiavi, come anche di bere alcolici e lui si attenne a quelle regole.
Il film, un ottimo e solido prodotto hollywoodiano, romanza la sua vita e la sua figura, come è giusto che sia essendo il cinema un prodotto che si basa su rappresentazione e finzione, anche quando par realistico. Nel film di Gary Ross (recitato con volontà da Matthew McConaughey e da un superbo Mahershala Ali) Knight deserta dall’esercito, dove lavora come infermiere, dopo la morte del nipote. Una volta a casa vede come l’esercito prenda il cibo e materiali di primaria importanza alle famiglie di contadini più o meno poveri per garantire all’esercito e alla “patria” di poter essere economicamente forte e pronta a sopportare il peso della guerra.
Ecco, il punto interessante di questa opera è come mostri l’orrore e inutilità dello schiavismo con gli occhi dei bianchi poveri. Vittime anche loro della guerra. Anzi, sopratutto loro. Questo sguardo permette quindi di smascherare le bugie sulla razza e inquadra perfettamente cosa c’è alla base dello schiavismo e del razzismo: una questione economica.
D’altronde
la ricchezza si basa sullo sfruttamento di masse di poveri, schiavi,
e non certo sull’edificante storiella del self
made man. L’America è un sistema
politico che si basa profondamente su due cose: violenza ed
ipocrisia. Certo molti americani lo sanno e combattono per migliorare
questa situazione, a noi piace parlare solo di questo aspetto. Perché
questo modo di formare la società è giunto fino a noi.
Il
film di Ross mostra una lotta per la libertà che darà i suoi
frutti, ma poca roba rispetto alla repressione che i bianchi
attueranno contro la popolazione afroamericana. Lo stesso Knight
avendo vissuto la sua vita con una donna schiava e nera, avrà grossi
problemi pure per la sepoltura (nel Mississipi una legge proibiva che
bianchi e neri fossero sepolti insieme.) Per cui l’opera mostra
come le promesse di libertà si infrangono contro le milizie bianche
e l’indifferenza della politica, a cui basta dire formalmente di
aver sconfitto gli schiavisti. Altro punto importante, come scrivevo
prima, il film narra di bianchi poveri che fanno un’alleanza con
schiavi fuggiti dalle piantagioni, per spiegarci proprio la natura
classista dello schiavismo e del capitalismo. Non fa solo questo ha
anche il coraggio di mostrare come fossero i Democratici, il partito
a sostegno della schiavitù e dei ricchi, mentre i proletari e gli
abolizionisti erano Repubblicani, Vi consiglio d approfondire questi
fatti, ma forse ne scriveremo in un articolo sulla guerra di
Secessione americana. Forse.
Dunque
abbiamo visto la natura dello schiavismo, esponendo velocemente la
differenza fra schiavismo per debito e quello per proprietà, abbiamo
nominato le leggi che lo reggevano, si è dato spazio alla ribellione
feroce, crudele, per certi versi terribile di Nat Turner ( ma torno a
farvi ragionare sulle migliaia e migliaia di bambini e donne
massacrati dai sorveglianti e padroni e di come una cosa simile nella
concitazione della ribellione abbia fatto scordare l’umanità ai
ribelli e sia stato l’alibi per la milizia di poter sterminare 120
neri del tutto estranei) si è fatto riferimento sfruttando il cinema
a due storie importanti di schiavismo e ribellione. Tutto questo per
far risaltare la continua e interminabile storia tragica degli
afroamericani.
Nel prossimo articolo cercherò di scrivere sul
mito e la storia di Malcolm X. Io invito i potenziali lettori e i
colleghi ad approfondire in tutti i modi la nobilissima e amarissima
storia del valoroso popolo dei neri in America. Ne vale la pena.
(Immagine 01 Distribution)
Davide Viganò nasce a Monza il 24/07/1976: appassionato di cinema, letteratura, musica, collabora con alcune riviste on line, come per esempio: La Brigata Lolli. Ha all’attivo qualche collaborazione con scrittori indipendenti, e dei racconti pubblicati in raccolte di giovani e agguerriti narratori.
Rosso in una terra natia segnata da assolute tragedie come la Lega, comunista convinto. Senza nostalgie, ma ancor meno svendita di ideali e simboli. Sposato con Valentina, vive a Firenze da due anni