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Come spesso capita, dietro a una scoperta per me importante, c’è la presenza di mia moglie. Ricordo che era un caldo e bellissimo giorno d’estate (ho la fortuna di esser nato il 24 luglio quando c’è sempre bel tempo) e tra i tanti regali che ricevetti da mia moglie, uno conquistò da subito tutta la mia attenzione e approvazione. Si trattava di un libretto in forma di lettera che un afroamericano dedicava al proprio figliolo per ricordargli che non sarebbe mai stato padrone del suo corpo (quindi della sua vita) perché esso apparteneva ai bianchi e al loro mondo di repressione e violenza contro i neri.
Mi piacque da subito. Lo stile aggressivo eppure evocativo, le parole come armi, ma anche affascinanti. Uno stile radicale, polemico, ed allo stesso tempo conciso e non velleitario ostentando violenza verbale o scene cruente. Non c’era bisogno. La vita di migliaia e migliaia di afroamericani venduti, linciati, rovinati dalla povertà e dalle gang, non ha bisogno di toni troppo accesi o violenti. Tuttavia c’era forza, aggressività, voglia di combattere senza chiedere scusa. La responsabilità di essere un intellettuale e quindi dedicarsi a una lotta importante, non tanto per sé stessi quanto per una intera comunità.
In poco meno di una settimana era nata la mia profonda ammirazione per Ta-Nehisi Coates.
Un altro dei miei eroi afroamericani come Nat Turner o Malcolm X passando da Spike Lee e Ava DuVernay. Una storia cominciata alle medie leggendo Ragazzo Negro di Richard Wright e consolidatosi con il passare degli anni. In quanto sono convinto che la storia della repressione contro i neri sia la vera immagine degli Stati Uniti. Proprio come lo sterminio dei Pellerossa. La natura predatrice, violenta, guerrafondaia degli americani è visibile nel modo in cui colpiscono gli afroamericani e la loro classe proletaria. Di questo sono assolutamente sicuro.
Per cui dopo aver concluso Tra te e il mondo, mia moglie mi regalò anche il secondo libro del mio nuovo autore preferito:Eravamo al potere per otto anni, una tragedia americana. Un saggio che ripercorre le tappe della presidenza Obama ed è una riflessione sulla condizione della comunità di colore, partendo dallo schiavismo e arrivando ai giorni nostri.
Penso che questo libro sia ancora oggi uno dei migliori prodotti nel campo della saggistica. Di sicuro quello più complesso e ricco di sfumature, per quanto riguarda Coates.
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Una
lotta meravigliosa
è l’opera di debutto di Coates. Un esordio molto intenso e che
mette in mostra tutta la sua abilità di far danzare e cantare le
parole. Appartiene al genere “memoir” perché racconta la vita di
suo padre e della sua famiglia, soffermandosi in modo particolare sul
passaggio adolescenza/maggior età. Un libro che parlando di fatti
privati, piccoli e quotidiani, vuol essere anche la testimonianza di
un’epoca, quella di fine anni ‘80 e inizi ‘90, tristemente
colpita dal Crack. Nondimeno non possiamo riferirci a questo libro
come una sorta di opera sulla tossicodipendenza. Non se ne parla
oppure rimane ai margini, un fantasma pronto a prender la tua anima,
come la violenza dei bulli colpisce il tuo corpo.
La
lotta meravigliosa è quella che porta alla Consapevolezza,
cioè quello stato mentale e morale in cui tutto diventa chiaro.
L’autore ci tiene a informarci che senza di essa ai ragazzi
afroamericani non resta che la dura vita di strada e un finale sempre
tragico.
Questa Consapevolezza sembra proprio parente stretta
della Coscienza di Classe, cioè il metro di misurazione dello stato
delle cose da parte della classe operaia. Un ragazzino bianco e nato
in Italia, attraverso il lavoro in fabbrica della madre o in ufficio
del padre, comprende i meccanismi di classe, i limiti di essa e anche
la bellezza, i tanti pregi.
C’è un sottile filo, forse
immaginario, che lega gli
afroamericani e la classe operaia bianca.
Una sorta di sopportazione per tutto quello che i padroni possono
farti. C’è stato per entrambi il momento della rabbia
rivoluzionaria e poi quella di un’amarissima sconfitta e
rassegnazione. Certo, su campi e per questioni diverse, ma non
troppo. Un popolo in catene per cui si è combattuto una guerra
civile al fine di liberarlo, scopre che non sarà mai libero, un
altro che ha sognato la libertà dallo schiavismo imposto dai ritmi
di produzione e profitto per pochi, e che ha visto cadere a pezzi lo
Statuto dei Lavoratori. Coates è figlio del proletariato nero, io di
quello bianco. Abbiamo qualcosa in comune.
Tornando al libro, lo
consiglio perché descrive benissimo i quartieri popolari di
Baltimora, ma senza pescare nella
retorica e nei luoghi comuni tipici dei romanzi ambientati in
periferia.
Non c’è un giudizio morale, il tutto ci viene descritto quasi
scientificamente e con uno sguardo
sempre molto privato.
Ci sono i drammi della strada, il rischio di prendere una brutta
direzione, la povertà e la dignità degli abitanti delle case
popolari, il tutto descritto attraverso gli occhi di un ragazzino di
tredici anni goffo, timido, vittima del bullismo.
Ta-Nehisi è
un sognatore, ama i fumetti, adora veder in tv il wrestling. Vive il
quartiere come se fosse un sonnambulo che passa attraverso le strade,
le case, la vita. Crescendo, grazie a uno dei tanti fratellastri,
conoscerà il mondo hip hop e si butterà con entusiasmo a scrivere
testi e rime.
Protagonista del libro è Paul, il padre
dell’autore, un uomo cresciuto in una famiglia complicata, in tempi
duri, che ha prestato servizio in Vietnam e successivamente ha avuto
un ruolo di rilievo nelle Pantere Nere. Una volta finita quella
esperienza ha votato tutta la vita per la comunità afroamericana,
vivendo con rettitudine una vita fatta di letture e modi di vivere
atti a riallacciare le radici africane e la storia violenta degli
afroamericani. Un uomo anche violento e dalla cinghia facile, uno che
ha avuto sette figli con cinque donne diverse. Un intellettuale a
capo di una piccolissima casa editrice dedicata alla lotta dei neri.
Uomo ammirato e odiato da Ta -Nehisi, sempre presente come una nuvola
minacciosa sulla vita dei figli.
L’opera non segue una linea
consolatoria con un finale all’americana. I rapporti tra i due
seguono le regole della vita vera e quotidiana, quella che ci fa
scontrare con i padri – dopo averli considerati eroi – per poi
trovare una diplomatica posizione di rispetto reciproco. Per cui non
cercate scene madri o aneddoti particolari, è solo la vita di un
ragazzino e di come grazie al rap e ai libri che suo padre gli faceva
leggere ha scoperto la storia del suo popolo.
In questi tempi
deboli essere consapevoli è alla pari di esser considerati fanatici.
Giusto che sia così. Perché le
grandi e buone cause hanno bisogno del nostro radicalismo,
della nostra costante passione rabbiosa che non concede
ripensamenti.
Il dubbio è spesso l’arma delle quinte colonne,
di quelli che cercano di sabotare la nostra voglia di lotta con
discorsi complicati e sempre atti a sabotare le nostre azioni. Non
dico che dobbiamo essere ottusi, ma convintissimi delle nostre
idee.
Coates è un uomo convinto, consapevole, in grado di
sostenere la sua battaglia senza chieder permesso o accomodarsi
troppo sulle regole dettate da altri. In questa prima opera si
avverte tutto il potenziale che esploderà più avanti. È un libro
pieno di affetto, rabbia, malinconia, verso il suo quartiere e la sua
giovinezza. Un’opera che ci insegna a prender a vita nelle nostre
mani e dedicarci con impegno alle nostre cause. Un lavoro in cui il
personale di matrice autobiografica diviene elemento aggregatore
e di vicinanza con il resto del mondo che si riconosce nella sua
storia. Perché quando racconti la vita delle persone, tutto diventa
più chiaro. L’esistenza degli altri, le loro meravigliose lotte,
ci lasciano una grande eredità: La Consapevolezza.
Davide Viganò nasce a Monza il 24/07/1976: appassionato di cinema, letteratura, musica, collabora con alcune riviste on line, come per esempio: La Brigata Lolli. Ha all’attivo qualche collaborazione con scrittori indipendenti, e dei racconti pubblicati in raccolte di giovani e agguerriti narratori.
Rosso in una terra natia segnata da assolute tragedie come la Lega, comunista convinto. Senza nostalgie, ma ancor meno svendita di ideali e simboli. Sposato con Valentina, vive a Firenze da due anni