Riproponiamo dal nostro archivio
Dopo il successo del referendum in Irlanda, il diritto della donna alla scelta sul proprio corpo è tornato ad essere un argomento di attualità. Si tratta di un importante passo che ridà speranza in un periodo di conservatorismo e recessione, che vede la rinascita di fondamentalismi e l’arrivo al potere di gruppi estremisti, legati a logiche fasciste e patriarcali.
Non esiste niente di più crudele di valutare una donna come un “potenziale corpo di madre”, un contenitore per bambini che non ha un’esistenza degna di essere vissuta al di fuori del suo utero, del concepimento. Imporre alle donne di partorire per forza significa privare queste di cittadinanza e umanità. Questa logica era ben espressa dalla legge precedente la 194, il codice Rocco d’istituzione Fascista, che all’epoca era una delle leggi sull’aborto più restrittive al mondo e che vietava qualsiasi tipo di misura contraccettiva; in questa legge l’aborto era considerato un reato non contro la persona (la questione principale non era se l’embrione è o non è vita) ma contro l’Integrità e la santità della Stirpe. Questa logica però continua ad essere il fondamento di molte leggi al mondo e dei movimenti no-choice.
In Italia, nonostante 40 anni fa sia nata una delle leggi più garantiste d’Europa, la libera scelta delle donne in maniera di aborto rimane ancora ostacolata da fattori pratici; e con l’arrivo di un ministro dichiaratamente anti-abortista al ministero della “famiglia e disabilità” (!!!) , sarà probabilmente ancora più difficile difendere l’applicazione di questa legge e dei suoi principi.
Nel nostro paese il principale “colpevole” della mancata applicazione della 194 è l’elevato tasso di obiettori negli ospedali. Basta dare un’occhiata alle statistiche del ministero della salute per avere un idea del fenomeno: la percentuale media di operatori sanitari che hanno optato per la obiezione di coscienza nel 2005 era del 58,7% – dieci anni dopo è arrivata a superare il 70%. La situazione è inoltre molto diversificata tra nord e sud, e al in alcune regioni l’obiezione raggiunge anche l’90%. In parole povere: il numero degli obiettori è così elevato che in compromette l’obbligo legale di garantire alle donne l’accesso ai servizi. La scelta dell’obiezione non è solo il risultato di un diffuso sentimento cattolico tra ginecologi, anestesisti e operatori sanitari. Secondo una ricerca dell’antropologa Silvia de Zordo1 la religiosità dei singoli medici non è l’unico fattore a contare nella scelta dell’obiezione.
L’alta adesione all’obiezione di coscienza non viene quindi sempre scelta dal medico per questioni religiose, ma anche per logiche politiche, di carriera e di stigma. Un primario o un collega obiettore possono far scegliere ai giovani medici di non praticare l’IVG, per preservare la propria carriera; lo stigma nei confronti dei non obiettori è ancora presente negli ospedali, e spesso si creano delle vere e proprie discriminazioni nei confronti dei medici che praticano l’IVG.
La ricercatrice ha poi segnalato una mancanza di una formazione di qualità in epidemiologia dell’aborto (previsti dalla 194, ma non sempre attuati) e di aggiornamento in tecniche abortive, soprattutto dove ai vertici ci sono degli obiettori. Un’altra problematica, che fa optare i medici per l’obiezione è che l’IVG è un lavoro che viene visto come poco attrattivo, sia da un punto di vista tecnico che da un punto di vista remunerativo. Dalla ricerca emerge anche come le scarse politiche di educazione sessuale e il difficile accesso alla contraccezione causi un senso di frustrazione morale nel personale medico: dover effettuare aborti ripetuti a causa del non utilizzo dei metodi contraccettivi da parte di alcune donne ha portato dei medici a diventare obiettori poiché “non riuscivano a capirli né a giustificarli dal punto di vista morale e li trovavano frustranti dal punto di vista professionale”.
D’altronde in Italia, oltre ad esserci una scarsa informazione sulla contraccezione, questa è di difficile accesso in quanto costosa e spesso ancora coperta da “tabù sociali”; in particolare l’accesso alla contraccezione è problematico soprattutto per le donne straniere, che spesso non hanno le competenze linguistiche e/o materiali per poter conoscere tutte le possibilità a loro disposizione per evitare gravidanze indesiderate. Inoltre un medico non obiettore, che lavora in un territorio con pochissimi medici che praticano l’IVG, si trova costretto a farsi carico di un numero estremamente elevato di interruzioni della gravidanza per sopperire alle carenze del servizio. Situazione che può portare il singolo a decidere di diventare obiettore a sua volta. Lo stesso Consiglio d’Europa ha riscontrato che in Italia la minoranza del personale sanitario non obiettore di coscienza “deve affrontare svariati tipi di ripercussioni negative sul lavoro, sia dirette sia indirette, in termini di carico di lavoro, distribuzione delle mansioni, e opportunità di sviluppo della carriera” (vedi qui). Il medico che applica la legge, e fa semplicemente il suo lavoro garantendo la possibilità di scelta delle donne si trova quindi discriminato e a dover affrontare problematiche che poco hanno a che fare con la sfera religiosa; nonostante le notevoli influenze della cultura cattolica, il problema dell’obiezione non è quindi limitato alla sola influenza cattolica, o a una scelta etica.
Anche se la posizione della chiesa è assolutamente no-choice, non sono rare le posizioni cattoliche moderate, che accettano in qualche caso l’aborto, e sottolineano l’importanza di applicare la 194 in toto, sottolineando come sia fondamentale prevenire gli aborti, incentivando i supporti psicologici e materiali alla future mamme, diffondendo un educazione sessuale consapevole e cercando di togliere i fattori “sociali” che spingerebbero la donna ad abortire. Esistono inoltre medici che si dichiarano cattolici e scelgono di essere non obiettori proprio in virtù della propria coscienza e nel rispetto della donna. Per la stessa Chiesa Cattolica, il “più grande” nemico dell’aborto, nonché la principale fonte di ispirazione per i no-choice, l’aborto è stato un tema etico molto discusso. È solamente in tempi recenti, nel 1869 con Pio IX ( nella costituzione Apostolicae Sedis ), che la Chiesa ha sancito che l’aborto fosse un peccato e che il feto avesse l’anima fin dal concepimento.
Difendere il diritto delle donne a scegliere per sé stesse significa dover combattere su più fronti: sicuramente è fondamentale contrastare le fazioni cattoliche-fasciste-maschiliste, opponendosi con forza a queste logiche violente, ma questa non è una condizione sufficiente. Per difendere la 194 bisogna pensare a richiedere strumenti di tutela che permettano di garantire la possibilità di scelta alle donne, ad esempio proporre di introdurre una quota di non-obiettori obbligatoria in ogni ospedale e consultorio, agevolare la contraccezione, creare strumenti di vigilanza sull’effettiva attuazione della legge.
Pubblicato per la prima volta il 7 giugno 2018
Immagine da www.flickr.com
1 De Zordo Silvia, Lo Stigma Dell’Aborto E l’Obiezione di Coscienza: L’Esperienza e le Opinioni dei Ginecologi in Italia e in Catalogna (Spagna)
https://abortoinchiesta.wordpress.com/2015/05/23/obiezione-coscienza-aborto-ricerca-antropologica/
Nata a Treviso nel 1987, ha successivamente vissuto tra Bologna, Bucarest e Firenze. Femminista appassionata di musica, si interessa di politica, sociologia, antropologia e gender studies.