Per motivi tecnici, le ultime Pillole dal Giappone del 2019 si chiudono con le notizie di venerdì 27. Dopo una piccola vacanza, la rubrica riprenderà regolarmente dal 12 gennaio 2020.
Settimana apertasi
con una novità sul fronte delle servitù militari. Il governo
nipponico avrebbe infatti deciso di estendere di 10 anni il
periodo di costruzione della nuova base di Okinawa che andrà a
sostituire il sito di Ginowan.
L’accordo stretto nel 2013 tra il
Sol Levante e gli Stati Uniti prevedeva che il trasferimento sarebbe
avvenuto “nel 2022 o dopo” aprendo quindi alla possibilità
di una dilatazione dei tempi.
A complicare i lavori vi sono
alcuni suoli troppo cedevoli (“di consistenza come la maionese”
è scritto in un rapporto del Ministero del 2016) che non consentono
di poter edificare, come previsto, due strade. Una modifica del
progetto originario sarebbe però al centro di una nuova battaglia
legale tra i governo nazionale e la Prefettura guidata
dall’anti-base Denny Tamaki che il 26 dicembre ha nuovamente chiesto
lo stop ai lavori.
Lavori che potrebbero costare, stando a nuove
stime del Ministero della Difesa, 930 miliardi di yen e cioè più
del doppio rispetto a quanto stimato nel 2013 (350 miliardi). La
nuova data prevista dal Ministero è “il 2030 o
dopo”.
“L’obiettivo del governo di spostare la base
di Futenma il più presto possibile è adesso fallito” ha
sottolineato il vicegovernatore Kiichiro Jahana.
In politica estera
questa fine d’anno 2019 si chiude con molte novità per il Giappone.
In primo luogo, lo scorso 22 dicembre, si sono incontrati i
ministri al Commercio della Repubblica Popolare Cinese Zhong Shan,
del Giappone Hiroshi Kajiyama e della Repubblica di Corea Sung Yun
Mo.
Le tre nazioni “debbono assicurare pace e stabilità
alla regione e promuovere lo sviluppo e la prosperità dell’economia
globale” ha affermato Zhong. Le tre nazioni sono impegnate
ormai da anni nei colloqui del RCEP, l’accordo di libero scambio che
include oltre ad essi le nazioni dell’ASEAN nonché Austalia e Nuova
Zelanda (l’India si è sostanzialmente sfilata dai tavoli
negoziali).
Il 24 dicembre, a Chengdu, si sono invece incontrati
i ministri degli Esteri delle tre nazioni. Il vertice è stato
occasione per un colloquio a due tra Motegi e l’omologa coreana Kang
volto a mantenere i contatti diplomatici ed evitare ulteriore
tensione tra i due Paesi (posto che la risoluzione di un conflitto
diplomatico e commerciale che ha radici storiche appare abbastanza
lontana).
Gli incontri dei ministri con delega al Commercio e
quelli dei ministri degli Esteri hanno preparato i lavori per il
trilaterale dei capi di governo delle tre nazioni.
Allo
scopo Abe è arrivato il 23 dicembre a Pechino incontrando in primo
luogo l’omologi Xi con il quale ha condiviso la necessità di una più
stretta cooperazione bilaterale. Tra i temi affrontati dai due leader
non poteva ovviamente mancare quello della denuclearizzazione
della Penisola coreana.
Il vertice tra Abe, Li Keqiang e
Moon Jae In si è tenuto il giorno successivo a Chengdu. I tre capi
di governo hanno concordato di rafforzare tra loro la cooperazione
economica e sui temi della sicurezza (uno dei principali
argomenti è stato infatti quello del nucleare nordcoreano).
Il
premier cinese Li ha sottolineato come le tre economie abbiano un
alto livello di complementarietà e convergenza industriale e che, al
netto dei saliscendi della diplomazia (tra Giappone e Cina è in
piedi la contesa territoriale delle Senkaku ed il problema del
contrasto che Tokyo opera sulla proiezione marittima cinese a Sud e
ad Est), debbano cercare il massimo dialogo. Siglata dai tre leader
una dichiarazione comune intitolata “Visione per la cooperazione
trilaterale per la prossima decade” nel quale si sottolinea
come l’integrazione tra le tre economie abbia portato crescita e
giochi un ruolo nel processo di integrazione di tutta l’Asia
orientale.
Tra i temi presenti nella dichiarazione, oltre quelli
già affrontati nelle discussioni (RCEP e Corea del Nord), anche la
cooperazione infrastrutturale (tema sul quale Tokyo e Pechino
competono) e quella scientifica e tecnologica.
Il vertice è
stato occasione per un incontro bilaterale Moon-Abe – il primo
da 15 mesi a questa parte – che non ha però portato alcun passo in
avanti significativo. Nel colloquio Moon ha chiesto ad Abe di
rimuovere tutte le restrizioni al commercio bilaterale mentre per Abe
la questione deii risarcimenti agli ex forzati di guerra va risolta
“mediante una soluzione che la Corea del Sud deve fornire”.
In
chiusura di settimana la Corte Suprema di Seul ha emesso una sentenza
sull’accordo del 2015 stretto tra RdC e Giappone e che permise
il finanziamento da parte nipponica di una fondazione (sciolta nel
2018 dal Presidente Moon) che si occupava dell’assistenza alle
superstiti e di tenere viva la memoria del fenomeno della schiavitù
sessuale fatta patire a migliaia di donne della Penisola nel corso
dell’occupazione coloniale. La Corte ha stabilito che l’accordo (il
cui scopo era di “chiudere definitivamente” la vicenda) era
unicamente di tipo politico ed i suoi effetti legali rimangono poco
chiari. La sentenza riconosce dunque come legittime le domande di
risarcimento avanzate individualmente.
Promessa, invece, una pronta ripresa delle esportazioni in Cina di manzo nipponico. Stando a quanto dichiarato dal ministro dell’Agricoltura Taku Eto le autorità sanitarie dei due Paesi stanno completando le procedure che consentiranno di rendere operativa la rimozione del divieto di importazioni decretata dai cinesi due settimane fa. La Cina aveva vietato le importazioni di manzo dal Giappone nel 2001 a seguito di alcuni casi encefalopatia spongiforme bovina avvenuti nell’Arcipelago.
Per quanto concerne
la vicenda iraniana, il premier nipponico Abe ha informato
telefonicamente (circa 75 minuti di colloquio) l’omologo statunitense
Trump circa i risultati dei colloqui avuti con Rouhani. “La
Repubblica Islamica dell’Iran saluta con favore ogni sforzo ed
iniziativa diplomatica portata avanti dalle nazioni amiche, e tra
esse il Giappone, volte a salvare l’accordo nucleare, togliere le
sanzioni ed abbassare la tensione nella regione” aveva scritto
il Presidente iraniano all’agenzia di stampa Kyodo.
Il governo
ha intanto approvato lo scorso venerdì, a Camere chiuse, l’invio
della discussa missione della Marina militare nel Golfo di Aden.
Il naviglio ed il personale militare (circa 250 marinai) non saranno
però impiegati nello Stretto di Hormuz a fianco delle truppe
statunitensi. Circa 300 cittadini hanno protestato il medesimo giorno
insieme ad alcuni parlamentari dell’opposizione.
Siglato, intanto, lo
scorso 23 dicembre ad Islamabad, memorandum di cooperazione tra il
Giappone ed il Pakistan volto ad instaurare un dialogo tra le due
nazioni sul fronte dei lavoratori con specifiche competenze che il
Sol Levante sta disperatamente tentando di attrarre per risolvere,
con questa modalità, il drammatico calo di manodopera che colpisce
alcuni settori occupazionali (innanzitutto edilizia e servizi alla
persona).
Il Giappone ha siglato accordi con altre 10 nazioni:
Indonesia, Cambogia, Mongolia, Vietnam, Sri Lanka, Uzbekistan, Nepal,
Bangladesh, Tailandia e Filippine.
“La cooperazione potrà
portare opportunità di lavoro per i pakistani e creare nuove
occasioni per la cooperazione bilaterale nei settori dell’istruzione,
delle imprese e del turismo. Spero che molti pakistani di talento
abbiano l’opportunità di lavorare in Giappone nell’ambito di questo
accordo” ha affermato Kuninori Matsuda, ambasciatore nipponico
ad Islamabad.
Rimanendo alla politica estera, il 24 dicembre le autorità russe hanno rilasciato i 5 pescatori nipponici che il 17 dello stesso mese avevano sconfinato in acque russe. Irrogata una sanzione di 6.400.000 rubli per il rilascio delle imbarcazioni. I pescherecci giapponesi possono pescare nelle acque prossime alle Curili meridionali sulla base di un accordo siglato nel 1998 ma debbono rispettare dei precisi limiti nelle quantità che, stando alle autorità di frontiera russe, sono stati violati.
Tornando nell’Arcipelago, è stato arrestato lo scorso 25 dicembre Tsukasa Akimoto, deputato del Partito Liberal-Democratico. La Procura di Tokyo ha posto sotto custodia il politico ed altre 3 persone nell’ambito di una indagine per corruzione.
Secondo l’accusa nel 2017 Akimoto avrebbe ricevuto 3 milioni di yen in contanti e varie altre utilità (tra cui una vacanza ad Hokkaido) per un valore di altri 700.000 yen da un’azienda cinese interessata ad avviare un resort con annesso casinò. Akimoto, il quale nega tutte le accuse a suo carico, è stato uno dei sostenitori della legge che consentirà l’apertura di case da gioco nel Paese.
Respinta dalla maggioranza la richiesta di Jun Azumi a nome del Partito Costituzionale Democratico di avviare un’inchiesta parlamentare per accertare il coinvolgimento della maggioranza nel suo complesso.
“Abbiamo costantemente affermato che non è necessario aprire i casinò” ha ribadito il Presidente del PCD Yukio Edano associandosi ovviamente alla richiesta che il governo dia spiegazioni sulla vicenda.
“Questo è un caso serio. Bisogna esaminare il processo che ha portato all’approvazione della legge sui resort con casinò” ha sostenuto Yuichiro Tamaki, Presidente del Partito Democratico per il Popolo.
Per ciò che
riguarda un altro scandalo, quello del sakura, nuovi
documenti resi disponibili dagli Archivi Nazionali del Giappone e
riferiti alla festa tenutasi nel 2005 mostrano come il codice
assegnato agli ospiti scelti dal primo ministro sia “60”.
Takayoshi Yamaguchi, già presidente della società Japan Life e poi
convolto in uno schema di marketing piramidale, è presente nella
lista degli invitati del 2015 proprio con codice “60” e dunque si
smentirebbe così la dichiarazione resa dal premier il quale affermò
di non aver avuto alcun rapporto con questa persona.
“Penso
che i numeri intorno al 60 siano tradizionalmente associati alle
quote di inviti che spettano agli uffici del primo ministro e dei
partiti della maggioranza” ha affermato un funzionario
dell’Ufficio del Governo sentito dal parlamentare comunista Toru
Miyamoto.
Per quanto concerne
i beni culturali, l’Agenzia centrale che si occupa di questi temi ha
licenziato lo scorso lunedì un piano quinquennale di interventi
finalizzato a garantire ai siti la sicurezza dal rischio di incendi.
La mossa è una conseguenza del devastante incendio che ha distrutto
ad ottobre il castello Shuri di Okinawa.
Una indagine condotta
dall’ente aveva mostrato come un numero altissimo dei siti non
dispongono di allarmi anti-incendio. Stanziati allo scopo dal governo
9,7 miliardi di yen per l’anno fiscale 2019 (che si concluderà a
marzo) e per quello 2020: una cifra largamente insufficiente.
Il
23 dicembre nella Prefettura si era recato il Segretario del Partito
Costituzionale Democratico Fukuyama per colloqui con il Governatore
di Okinawa Tamaki al quale è stata offerta la cooperazione del
Partito negli sforzi per la ricostruzione dell’importante sito.
Impreparazione di fronte alle catastrofi è emersa per moltissimi enti locali. Secondo una ricerca condotta dall’Agenzia che si occupa di protezione civile su 1.741 comuni esaminati ben 717 (il 41,2%) non avevano generatori elettrici d’emergenza in grado di assicurare corrente per almeno 72 ore. Il 93% dei comuni ha dei generatori ma nella maggior parte dei casi essi assicurano corrente per non più di 24 o 48 ore.
Sul nucleare il Ministero all’Economia ed Industria ha proposto, lo scorso lunedì, un rilascio in aria ed in mare dell’acqua contaminata attualmente stoccata nell’ex impianto di Fukushima. A nove anni dall’evento catastrofico del 2011 l’acqua, di falda o piovana, continua ad entrare a contatto con il materiale radioattivo e, quando è possibile intercettarla, viene stoccata. Attualmente l’impianto ospita un milione di tonnellate di acqua e vi è ancora spazio per altre 370.000.
Un eventuale rilascio avrebbe “un impatto non misurabile sul futuro dell’industria ittica giapponese” per la Federazione Nazionale delle Associazioni Cooperative di Pesca.
TEPCO sostiene che tutti gli elementi radioattivi contenuti nella acque, ad eccezione del trizio, possono essere rimossi con sicurezza.
Questa decisione “ucciderebbe l’industria ittica e spazzerebbe via la vita in mare. Il pesce non si venderebbe” ha dichiarato al quotidiano Asahi il pescatore Tatsuo Niitsuma di Iwaki.
“Dato che il prossimo anno ci saranno le Olimpiadi di Tokyo il primo ministro Abe vuole dare l’idea che tutto sia sotto controllo” ha sostenuto Kazuyoshi Satoh, consigliere comunale della cittadina.
Preoccupato per gli effetti economici della scelta anche Shuji Okuda, responsabile del dossier al Ministero: “se l’acqua venisse scaricata nell’oceano il prezzo dei prodotti ittici potrebbe crollare oppure i consumatori potrebbero rifiutarli del tutto. Anche se non vi sono evidenze scientifiche del fatto che l’acqua sia pericolosa siamo preoccupati per gli effetti che questa decisione potrebbe avere”.
Di diverso parere il professor Kazuya Idemitsu dell’Università del Kyushu per il quale, nel caso l’acqua venga decontaminata lasciando come unico elemento radioattivo il trizio (a livelli contenuti) il rilascio in mare sarebbe “la migliore soluzioni in termini di costi e di sicurezza”.
Venerdì scorso, nel contempo, è stato ufficialmente presentata la revisione del programma dei lavori per lo smantellamento dell’impianto. Il nuovo piano prevede lavori per altri 30 o 40 anni. Oltre alla rimozione del nocciolo dai reattori 1 e 2 (problema tutt’altro che risolto a causa dell’alto livello delle radiazioni e della quantità di materiale da estrarre) sono da movimentare oltre 4.700 barre di combustibile. Il costo totale, tentendo conto dei risarcimenti (allo scopo i profitti di TEPCO sono stati sostanzialmente commissariati da un ente pubblico), potrebbe aggirarsi intorno ai 22.000 miliardi di yen anche se il think tank privato Japan Center for Economic Research stima i costi finali in 51.000 miliardi.
Il 26 dicembre, intanto, nella centrale di Ikata (Prefettura di Ehime) è stato spento uno dei reattori (alimentati con MOX, cioè uranio e plutonio) in previsione della rimozione del combustibile nucleare. In totale la Shikoku Electric, società proprietaria dell’impianto, prevede di spostare 37 barre di combustibile atomico delle quali 16 sono di MOX. Le barre rimosse saranno, in mancanza di un centro per la loro lavorazione, ospitate in delle piscine all’interno della centrale.
In campo demografico
il 2019 si chiude come un anno nero per il Sol Levante. L’Arcipelago
avrà infatti certamente un record negativo nelle nascite
scendendo sotto i 900.000 nati: si tratta del dato più basso degli
ultimi 120 anni e cioè da quando esistono statistiche affidabili. La
stima finale dovrebbe aggirarsi a 864.000 nuovi giapponesi (-54.000
rispetto al 2018) mentre i morti dovrebbero attestarsi a 1.376.000
(anche questo un record per il Giappone postbellico).
Record
negativo anche nel numero dei matrimoni (583.000 e -3.000 rispetto al
2018) mentre i divorzi sono leggermente aumentati (+2.000 per un
totale di 210.000 separazioni).
In economia,
l’esecutivo, lo scorso 24 dicembre, ha iniziato a ricevere le domande
di licenza per gli operatori che vogliono utilizzare la tecnologia 5G
per la connessione di dati nelle aree meno popolate. Se infatti le
maggiori aziende di telefonia del Paese inizieranno la prossima
primavera a fornire servizi in 5G nelle maggiori aree urbane, le zone
meno popolate saranno coperte dal servizio soltanto se enti locali o
aziende decideranno di investirvi risorse.
Nonostante la
copertura offerta dal colosso NTT anche la Prefettura Metropolitana
di Tokyo (insieme a NEC, Fujitsu e Jupiter Telecommunications) ha
depositato la propria richiesta di accesso alla licenza.
Tra i dati macroeconomici: in calo a novembre la produzione industriale dello 0,9% mentre la disoccupazione si è attestata al 2,2% (-0,2 rispetto ad ottobre).
In campo finanziario le Poste del Giappone hanno comunicato lo scorso lunedì all’Agenzia per i Servizi Finanziari ed al Ministero degli Interni e Comunicazioni i risultati della propria indagine interna circa le irregolarità (la più classica: premi assicurativi fatti pagare due volte) riscontrate su migliaia di polizze.
A partire dal
prossimo primo gennaio e per un totale di tre mesi l’Agenzia ha anche
imposto a Japan Post Insurance ed a Japan Post lo stop alle vendite
di prodotti assicurativi. In conseguenza dello scandalo Masatsugu
Nagato (presidente di Japan Post Holding), Mitsuhiko Uehira
(amministratore delegato di Japan Post Insurance) e Kunio Yokoyama
(amministratore delegato di Japan Post Corporation) hanno lasciato i
propri incarichi. Hiroya Masuda, già ministro degli Interni e
Comunicazioni nel governo Fukuda, sarà il prossimo presidente del
gruppo (al 57% ancora in mano pubblica).
Frattanto Shunzo
Morishita – accusato di aver coperto, in qualità di membro del
CdA della tv pubblica, lo scandalo che ha coinvolto le Poste del
Giappone – è stato eletto presidente di NHK lo scorso 24
dicembre.
Investimenti all’estero per Central Nippon Expressway. La società gestirà delle stazioni di servizio a Taiwan. La prima struttura ad aprire sarà a Qingshui ed offrirà prodotti tipici giapponesi in uno spazio di circa 1.500 metri quadri.
A Tokyo, nel distretto di Shibuya, intanto dei robot consiglieranno ai clienti cibo e bevande a seconda delle espressioni facciali degli stessi. Ad avviare la sperimentazione, per adesso con 10 macchine, l’operatore Pepper Parlor, marchio di SoftBank Robotics.
(con informazioni di pk.emb-japan.go.jp; xinhuanet.com; yna.co.kr; cdp-japan.jp; dpfp.or.jp; mainichi.jp; asahi.com; the-japan-news.com)
Ha collaborato con gctoscana.eu occupandosi di Esteri.