Questa casa non è (come) un albergo. Potrebbe essere semplificata a questo modo la sentenza con cui la Corte di Giustizia Europea, lo scorso 19 dicembre, si è pronunciata sul caso che vedeva contrapposti l’associazione di categoria degli albergatori francesi Ahtop (Association pour un hébergement et un tourisme professionnels) e il colosso digitale Airbnb.
La questione sottoposta al giudizio della Corte era: perché la società californiana, pur agendo nel settore delle locazioni turistiche, non doveva essere sottoposta alle legislazioni nazionali in materia? Una questione simile era stata sollevata anche per Uber, piattaforma per il carsharing: la Corte aveva riconosciuto, tra il 2015 e il 2016, nella società un effettivo datore di lavoro nel settore del trasporto urbano e questa è stata quindi costretta ad adeguarsi alle normative vigenti per gli altri attori del mercato.
Le cose sono però andate diversamente nel caso Airbnb (C-390/18). Questo perché la Corte di Giustizia si è pronunciata affermando che, di fatto, il servizio che offre la piattaforma è di semplice “intermediazione”: non vengono stabiliti prezzi né altri vincoli, si limita semplicemente a riunire un mercato che potrebbe organizzarsi in altri modi. Ad Airbnb, quindi, non viene riconosciuto un ruolo da agente nel settore delle locazioni turistiche ma semplicemente da piattaforma digitale.
Ora, se è vero notare delle differenze tra i servizi offerti da Uber (dove, ad esempio, sorgevano questioni relative anche alle condizioni di lavoro di chi prestava servizio e quindi, mi verrebbe da dire, che il paragone viene oggi molto più facile con tutte le piattaforme di food deliverance), dall’altra parte lo è altrettanto che un’interpretazione tanto stringente delle definizioni rischia di rimandare troppo a lungo lo scioglimento di un nodo enorme a livello europeo. Affermare che Airbnb si limiti a fornire una piattaforma su cui le persone possano scambiare offerte e ricerche è abbastanza ingenuo: chiunque si guardi intorno può accorgersi come il mondo delle locazioni turistiche sia cambiato negli ultimi anni con l’affermarsi della piattaforma.
Airbnb ha avuto, e continua ad avere, enormi effetti distorsivi sul mercato non solo degli affitti turistici ma, come abbiamo detto più volte, sta cambiando radicalmente il volto delle nostre città. I gestori della piattaforma raccolgono dati e danno “consigli” a chi mette a disposizione un alloggio sui prezzi più congrui da applicare a seconda delle zone e soprattutto si rifiuta di fornire i dati in maniera limpida. Non si conosce, ad esempio, il numero di persone che, in ogni città, gestisce più locazioni sulla piattaforma, andando così, con questo business, contro quelle che erano le regole con cui era nata. Questo modo di agire ha un doppio effetto distorsivo. Lo ha sul mondo del turismo, cambiando radicalmente un mercato esistente con la creazione di uno nuovo (è indicativo il fatto che a fare causa alla società californiana sia stata un’associazione che riunisce albergatori e altri imprenditori del settore turistico) ma anche, a più livelli, sulla città nel suo complesso, stravolgendole a livello urbanistico, economico e sociale (per approfondire leggi qui).
Quindi, tecnicamente sì, Airbnb è solo una piattaforma digitale e non agente immobiliare né una catena di alberghi. Ma se non troviamo il modo di affrontare la questione, di fornire gli strumenti agli amministratori locali di affrontare di petto le enormi trasformazioni che dalla California stanno arrivando in Europa, i danni sociali potrebbero essere irreparabili.
Immagine da www.flickr.com
“E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa”
Cit.