La classe non è acqua. Dopo Clint Eastwood che continua a macinare film a quasi 90 anni (il 16 gennaio tornerà sul grande schermo con “Richard Jewell”), eccone un altro che a 86 primavere continua a mostrare il suo incredibile talento: il maestro Roman Polanski. Eppure all’ultima edizione del Festival di Venezia, c’è chi aveva messo in dubbio le sue qualità. Lucrecia Martel, presidente della giuria al festival, dichiarò che per lei artista e opere sono in stretta connessione. Pertanto considerando le accuse di stupro rivolte al regista polacco, non poteva considerare il film in concorso. L’8 novembre, alla vigilia dell’uscita francese, la fotografa, ex modella ed attrice Valentine Monnier lo ha accusato di un nuovo caso di stupro (leggi qui) che si aggiunge alla denuncia del 1977 di Samantha Geimer.
Fortunatamente per Polanski la qualità della pellicola ha fatto il resto. Martel è stata costretta a far marcia indietro. Il film è stato premiato con la miglior regia. Polanski ha vinto perché il suo “L’ufficiale e la spia” è l’ennesimo capolavoro della sua carriera. Eppure è incredibile che si parli più del passato del regista che di quest’opera. Perché nessuno aveva avuto il coraggio di fare un film su un episodio così importante della storia,
Arriva proprio nel momento storico giusto. Polanski ci costringe a farsi domande, a vigilare affinché il mondo in cui viviamo venga reso migliore. A inasprire il clima ci ha pensato la stampa che ha fatto un parallelo tra il caso Dreyfus e il caso Polanski, il quale però ha smentito che abbia fatto il film per mostrare questo rapporto. Eppure l’analogia c’è. Polanski in un’intervista sul “Venerdì di Repubblica” riferisce che oggi come 120 anni fa sia la stampa sia le istituzioni non ammettono i propri errori. Al massimo fanno un comunicato o una breve rettifica e tutto passa. Ma spesso sono fatte delle accuse che distruggono persone innocenti come Dreyfus (che, non a caso, nel 1935 morirà per infarto). Ma veniamo alla storia del film.
Il 28 dicembre 1895, i Lumiere effettuavano la prima proiezione in assoluto, a Parigi: nasceva il cinema. I due fratelli francesi in realtà avevano rubato l’idea di un italiano, Filoteo Alberini, approfittando di un clamoroso intoppo burocratico. Nel 1894 quest’ultimo aveva assistito a Firenze a un’esibizione pubblica di Edison che mostrava il kinetoscopio. Traendo spunto da quell’esperienza, Alberini inventò il kinetografo (una sorta di macchina da presa). Purtroppo però il Ministero dell’Industria e Commercio italiano rilascerà il brevetto (n° 245032) un anno dopo la richiesta di Alberini. I Lumiere ne approfittarono e si presero gli onori. La stragrande maggioranza sa che il cinema è nato in Francia, mentre in realtà il primo prototipo è stato inventato da un italiano a Firenze (Alberini lavorava nel capoluogo toscano all’Istituto Geografico Militare).
Il film di Polanski comincia poco prima, dal settembre 1894. Il regista polacco ci mostra le scartoffie, quei fogli ingialliti con tante di firme, rivelandoci tutta la sua ossessione per le carte, per la burocrazia. L’Europa in quel periodo esibiva le proprie radici cristiana in maniera non proprio brillante: mentre i colonizzatori europei si spartivano l’Africa, il popolo veniva aizzato, veniva insegnato l’odio sistematico verso i “diversi”. La Francia in particolare aveva questo problema. Il regista ci mostra subito cinema potentissimo con la scena iniziale: la gogna mediatica nei confronti del malcapitato capitano, alsaziano di origine ebrea. Albert Dreyfus (un ottimo Louis Garrel). Georges Picquart (il premio Oscar Jean Dejardin tirato a lucido), ufficiale dell’esercito francese, presenzia la condanna e l’umiliazione dell’uomo. Il linciaggio era appena iniziato. Era il gennaio 1895. Dreyfus fu accusato di aver passato informazione basilari agli acerrimi nemici tedeschi. Fu condannato all’ergastolo sull’Isola del Diavolo diventando un rifiuto umano e un traditore. Il sito, che venne inaugurato nel 1852 da Napoleone III, era usato come colonia penale. Nel cinema era l’isola in cui era ambientato il cult “Papillon” con Steve McQueen e Dustin Hoffman.
Tuttavia la grandezza di Polanski non risiede solo qui, ma viene mostrata dopo con l’introduzione di un secondo personaggio che lotta contro il sistema: ovvero Picquart. Ci vengono mostrati tutti i suoi pregi e difetti: non è un santo, ma un personaggio ambiguo, antisemita, razzista a cui piace far parte del gioco. Con annessi oneri e onori. Ma è dotato di senso di colpa. L’ufficiale aveva guadagnato la promozione a capo del comparto che aveva accusato Dreyfus. Presto però si accorge che il passaggio di informazioni al nemico non è finito. E allora sorge un dubbio: ma Dreyfus è davvero colpevole? O era solo una caccia alle streghe?
La bugia però presto viene alla luce grazie allo scrittore Emile Zola. Ricordate la celebre lettera “J’accuse” indirizzata pubblicamente al Presidente della Repubblica? Era troppo tardi: la caccia al diverso (ebreo, nero, clandestino o comunista che fosse) era partita ed era difficile da fermare. Da poco in Germania si era conclusa l’era Bismarck, la Francia nel 1871 aveva perso l’Alsazia e la Lorena. Il revanscismo francese era fortissimo.
Xenofobia, antisemitismo e razzismo facevano presa perché la gente poteva sfogare le proprie paure su chiunque potesse essere utile allo scopo (vi ricorda qualcosa?). Le tensioni tra Francia e Germania erano così importanti che si acuirono fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914 (guarda caso erano su schieramenti contrapposti). Nel 1919, quando terminò il conflitto e la Germania chiese l’armistizio, la Francia impose severamente dure condizioni agli avversari. E ciò causò pesanti conseguenze sull’economia tedesca che favorirono successivamente l’avvento del nazismo.
Polanski, in collaborazione con lo scrittore/sceneggiatore Robert Harris, ci mostra dettagliatamente non tanto la storia, quanto la messa in scena di una menzogna ai danni del malcapitato Dreyfus. Uno show mediatico che poi sarà riusato più volte (vedi alla voce maccartismo negli anni 50). Non c’erano prove, ma erano state create in maniera fasulla, con un’ondata di antisemitismo che nel Novecento diventerà uno strumento potentissimo per distruggere le persone. Oggi la chiamiamo macchina del fango, ma il termine secondo me non è corretto.
Polanski ci mostra il perché sdoppiandosi: si immedesima in Dreyfus, ma anche nei dubbi di Picquart. Nonostante quest’ultimo non amasse gli ebrei, cercò la verità. Ancora una volta la classe dirigente non era all’altezza dei suoi compiti e Polanski mostra il “paraculismo” che somiglia tanto a quello di oggi. Il regista polacco ha sempre amato gli uomini che, indipendentemente dalla loro posizione, sono andati fino in fondo per far comprendere come vanno i fatti. I temi della sua filmografia tornano alla ribalta: verità, complotti, paranoie, cospirazioni, la lotta contro un sistema marcio. La sceneggiatura, scritta dallo stesso regista con l’autore del libro Robert Harris, è impeccabile. A livello di messa in scena non mancano l’atmosfera horror di Rosemary’s baby e quella poliziesca di “Chinatown”, il razzismo bigotto del Pianista, i temi dell’uomo nell’ombra (un altro romanzo di Robert Harris).
Un film necessario, classico. Un esempio di come si può fare opere politicamente rilevanti in tempi dove la gente non si sente né di destra né di sinistra. Poi però, come accadde qui, si capì che la destra c’era eccome e ancora oggi le conseguenze sono tangibili. Chi rimane indifferente a questo film è complice del potere. Probabilmente sono gli stessi che vedono una cosa normale che una come la senatrice Liliana Segre viva sotto scorta. Mentre gli altri si rendono conto che viviamo in uno Stato sempre più fascista. E come dice il Picquart di Jean Dujardin “quando una società arriva a tanto, cade in decomposizione”.
FONTI: Cinematografo, Cinematographe, Mymovies, Comingsoon, “Il Venerdì” di Repubblica
Regia ***** Interpretazioni ***** Sceneggiatura ***** Fotografia *****
L’UFFICIALE E LA SPIA *****
(Francia, Italia 2019)
Titolo originale: J’Accuse!
Genere: Storico, Drammatico
Regia: Roman Polanski
Sceneggiatura: Robert Harris e Roman Polanski
Fotografia: Pawel Edelman
Cast: Jean Dujardin, Emmanuelle Seigner, Louis Garrel, Mathieu Almaric
Durata: 2h e 6 minuti
Distribuzione: 01 Distribution
Uscita: 21 Novembre 2019
Trailer Italiano qui
Tratto dall”omonimo romanzo di Roberto Harris
Vincitore del premio per la Miglior Regia a Venezia 76
Budget: 60 milioni di euro
La frase: Quando una società arriva a tanto, cade in decomposizione
Immagine da www.wikipedia.org
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.