A
cosa serve festeggiare una data, o anche solo rammentarla? A creare
la mitologia per cui dopo quell’evento nulla è stato come
prima.
Non è solo questo, quantomeno non dovrebbe esserlo,
perché spesso il cambiamento è stato fondamentale per riscrivere la
storia da parte di quelli che da essa sarebbero dovuti rimanerne
fuori. La lotta di classe passa anche per queste vie. Tra date da
celebrare in onore dello Stato borghese, capitalista, colonialista e
imperialista, che crea la sua potenza e forza mandano masse di operai
e contadini a spararsi tra di loro, per una ricchezza che non
apparterà mai ad essi, e altre che celebrano la guerra di classe dei
proletari, degli esclusi sociali contro i padroni della terra. C’è
il 4 novembre che celebra una vittoria bagnata dal sangue degli
ultimi per mantenere i privilegiati al potere e c’è il 7 ottobre
1917.
La
rivoluzione bolscevica ha dimostrato che i pezzenti, i dannati della
terra, potevano prendere il potere, e sbarazzarsi della zavorra che
da secoli li tiene legati a vivere una vita di fatica e
sofferenza.
Da questo momento i proletari di tutto il mondo
potevano aver la forza di organizzarsi e combattere la loro
guerra.
Sì, guerra. Questa è la rivoluzione, mi rendo conto
che questo concetto sulla natura reale della rivoluzione possa
terrorizzare, ed è giusto che sia così. Nessuno lascia il potere
pacificamente. Questa cosa viene sempre scordata nella narrazione
storica a uso e consumo della propaganda capitalista e liberale.
L’unione Sovietica si è ritrovata ben presto accerchiata da
polacchi, cecoslovacchi, tedeschi, inglesi, insomma la maggior parte
delle nazioni occidentali e i paesi vicino al loro confine. C’erano
dissapori antichi e questa rivoluzione li portava a galla. Il
trattato di Brest- Litovsk è stato usato per cercare di danneggiare
la rivoluzione bolscevica e riportare tutto come prima. Nel 1919 si
scatena la prima delle guerre civili tra i Bianchi, sostenitori dello
zar, e i Rossi.
Per
un lunghissimo periodo agenti esterni ed interni hanno fatto in modo
di sabotare ed annientare la riuscita e il ricordo del più
importante avvenimento del Novecento. Questa pressione ha portato a
scelte dolorose, tragiche, anche condannabili col senno di poi, ma
scaturite per la difesa del comunismo. Il quale è stato per gran
parte del ‘900 l’ispiratore delle rivolte, lotte, rivoluzioni anti
colonialiste e anti capitaliste di questo mondo. Le potenze
democratiche non si sono fatte nessun problema a sostenere i peggiori
dittatori fascisti per stroncare ogni rivoluzione del popolo per
il comunismo. Da Soharto fino a Pinochet, quelli che ci parlano ogni
giorno di democrazia, libertà, civiltà, hanno sostenuto in tutti i
modi questi regimi.
L’errore su cui si è fondata la risposta
del comunismo è stata una continua paura di infiltrazioni e
invasioni delle forze nemiche, sicuramente ci sono stati anche quelli
che con questa scusa si son divertiti a far del male agli innocenti.
Mi par che i comunisti abbiano fatto abbastanza in termini di auto
critica. Fin troppo, di questo ne sono più che certo.
Tuttavia
mi chiedo: la lezione di morale ed etica cosa c’entra con la
libertà? Anzi, meglio ancora: cosa c’entra la libertà con il
nostro sistema?
Io
trovo imbarazzante festeggiare il 1989 come se fosse l’anno dei
miracoli. Capirei meglio se fosse solo legata alla fine del
comunismo, imploso e distrutto dal suo interno, da una nomenklatura
senza spina dorsale, da venduti e traditori. O da incapaci come il
Gorbaciov tanto amato da alcuni.
Avrebbe senso, sarebbe onesto.
Quella forza strutturata e organizzata per porre limiti ai disastri
del capitalismo e delle democrazie occidentali, è stata annientata.
Almeno quella in grado di organizzare e disciplinare le masse, quella
che combatteva per i diritti sociali. Al sistema, per poter mostrarsi
tollerante, basta una sinistra “radicale” che si fermi ad azioni
spontanee, simboliche, emarginata politicamente e dimenticata dalla
masse.
Il punto è che non festeggiamo nessuna libertà. Almeno
non quella che ci piace rappresentare nei nostri giornali, opere di
finzione, nella propaganda.
Libertà è una parola usata talmente tante volte nel mondo occidentale, che mi fa sorgere il dubbio di averne svuotato sia il suo valore che il significato.
Diciamo
che lo Stato comunista controllava i suoi cittadini, lo diciamo come
se da noi queste cose non fossero mai successe. Basterebbe
controllare i documenti dell’F.B.I. per notare come moltissimi
cittadini americani sono stati controllati dallo stato, come
moltissimi di essi siano finiti in galera o addirittura ammazzati
perché mettevano in discussione le regole statali. Certo a esser
colpiti spesso sono le minoranze, quella afroamericana, gruppi di
protesta sociale, ambientalisti, femministe, o cattivissimi comunisti
come Trumbo, messo in galera con altri nove colleghi per le sue idee.
Certo alla base di questi avvenimenti c’era la difesa della
propria patria contro un nemico insidioso sia esterno che interno,
esattamente come succedeva nei paesi del socialismo reale. Per cui le
accuse su cui si basa da sempre la propaganda anti comunista
dovrebbero essere archiviate con l’accettazione di una situazione
storica e politica compromessa dalla Guerra Fredda.
Il problema è che noi occidentali, nonostante i secoli di crimini contro il resto del mondo attraverso il colonialismo, l’imperialismo, il sostegno di regimi dittatoriali spesso fascisti, siamo devoti e fedeli a un dogma che non vogliamo mettere in discussione: cioè che siamo superiori e che il nostro stile di vita non può esser cambiato da nessuno. Non vogliamo accettare che la nostra storia di paesi liberi si fonda sulla repressione interna della classe operaia, delle istituzioni repressive in cui rinchiudere i più poveri, per sostenere e mantenere il potere di poche persone a capo del sistema capitalista.
Nelle
nostre vuote parole c’è tutto l’orrore per la violenza, la
discriminazione, l’intolleranza, la condanna a chi opprime gli
esseri umani. C’è l’idea che comunque noi siamo migliori degli
altri, che campano di propaganda e stampa compiacente. Tutto questo
perché siamo ossessionati dalla Libertà, talmente tanto da
convicerci di esserlo. Come se non ci fossero masse di invisibili
che vivono in condizione di povertà al centro del mondo ricco ed
evoluto, come se dover pagare cifre esorbitanti per potersi
permettere le cure mediche non sia di fatto un modo per eliminare i
meno abbienti, negando a loro la libertà- quella vera- di vivere una
vita sana.
Lodiamo la caduta di un muro ma sosteniamo la
barriera tra Israele e la striscia di Gaza. Tanto i palestinesi ai
nostri occhi non sono come gli israeliani, non sono mica persone, non
hanno famiglie, speranze, sentimenti. Tutte queste cose che ho appena
scritto appartengono a noi.
Noi siamo umani, il resto del mondo
probabilmente no. Sono fanatici. La nostra corsa al successo
economico, l’ideologia del libero mercato, la difesa ad oltranza di
un sistema che sulla carta doveva portare libertà e felicità a
tutti e da trenta anni che fallisce, non sono atti di fanatismo,
evidentemente.
Se fossimo liberi potremmo anche rivedere e modificare sostanzialmente un sistema economico fallimentare. Sarebbe il caos, si aprirebbe una voragine pronta a inghiottire gran parte della nostra società? Sì, è vero. Ma tutta questa prudenza ce l’abbiamo avuta quando abbiamo abbattuto il Muro? O quando andiamo in giro ad esportare la democrazia e la nostra libertà? La risposta è no.
Dopo i primi e brevi tempi di festeggiamento, le masse hanno scoperto la miseria, si sono arricchiti chi era pronto a saltare dall’altra parte, c’è stato il boom della prostituzione e la malavita ha scoperto come ingrandirsi. C’è anche questo nella favolosa storia del 1989.
Sono
passati trenta anni e dobbiamo ancora insistere sulla pericolosità
di un nemico estinto. Un nemico che ai borghesi fa ancora paura, un
po’ perché la codardia fa parte del loro DNA, un po’ perché col
tempo anche il comunismo, e quindi esser comunisti, è stato svuotato
di ogni significato. Tutti quelli che danno noia a chi gestisce il
potere è un comunista. Accusavano pure Prodi di esserlo.
Tuttavia
queste celebrazioni, questa retorica sulla libertà non intacca le
masse popolari sempre più amorfe.
L’avanzata delle destre
estreme e fasciste in gran parte dei paesi salvati dal comunismo,
è la prova provata di come all’occidente non freghi nulla delle
libertà. Di come non ci sia stato un impegno per dar istituzioni
democratiche serie e radicate, ma solo accordi con qualche dissidente
farabutto, insomma la solita politica del “è un figlio di
buonadonna, ma è il nostro figlio di buonadonna.”.
La libertà dovrebbe essere totale, e far parte della nostra vita. Trovo molto buffo quelli che ne celebrano l’importanza per attaccare un nemico politico, si dichiarano felici per le celebrazioni del 9 novembre e poi impongono ai figli di vivere vite fasulle, di sottomettersi ai voleri paterni, di non metter in discussione quello che viene detto, fatto, pensato, in famiglia. Queste contraddizioni sono ben visibili e radicate. Basterebbe controllare quanti felici per la fine della dittatura comunista, sono sostenitori dei peggiori oscurantisti che portano avanti politiche omofone, patriarcali, xenofobe. Come se non fosse una pesante contraddizione negare la libertà alle persone di vivere vite normali e all’aperto, con discorsi pieni di retorica sul mondo nato dalle macerie del comunismo.
Trenta anni sono passati e alla fine noi abbiamo avuto crisi violentissime come quelle accadute nel 1993 in Russia, ma all’epoca c’era quel sincero democratico che tanto ci piaceva di nome Eltsin, guerre spacciate per missioni di pace, crisi economiche, migliaia di lavoratori morti sul posto di lavoro, la distruzione della legge 300 e il mercato del lavoro ridotto a un ridicolo far west, il taglio delle spese sociali, l’attacco alla sanità e istruzione pubblica, le privatizzazioni che spesso hanno solo peggiorato situazioni già non propriamente rosee, il tutto però ben nascosto da tonnellate di retorica sulla libertà individuale, di espressione, parola e stampa. Ovviamente mendace e fallace anche qui, perché abbiamo compreso che non serve la polizia segreta, l’esercito, l’eliminazione fisica, basta non dar spazio o uno assai minimo.
Per
quanto mi riguarda da troppo tempo viviamo in un sistema di ipocrisia
istituzionale. Convinti di esser sani, liberi, i buoni della
situazione e se per caso abbiamo qualche problema, il sistema sarà
in grado di superarlo. Mantenendosi in vita anche quando non ha più
speranza. E quella è morta e sepolta da anni.
Tuttavia siamo
liberi di scegliere quale ricorrenza festeggiare, anche se ricordare
le date sbagliate scatena il democratismo acritico occidentale e i
suoi automi programmati per dire le solite cose, possiamo dar credito
alla propaganda capitalista aiutata dai libertari e affini, oppure –
pur riconoscendo le tragedie imperdonabili e gli errori
ingiustificabili – ritenere che la ricerca della libertà delle
masse dal padronato e dai suoi scagnozzi sia più importante
della fine ingloriosa di questa meravigliosa storia fatta di
rivoluzioni, resistenze, ribellioni.
Io continuerò a
festeggiare il 7 ottobre e le date legate alla storie del comunismo.
Altri potranno godersi la versione corretta e riveduta per masse
inerti, della storia del Mondo Libero.
Ps: Se per caso voleste aver del materiale su cui riflettere, vi consiglio di leggere i suddetti libri. Forse non li conoscerete perché siamo talmente liberi da non dar spazio alle critiche lucide e approfondite, o li gestiamo come se fossero un prodotto voluto e apprezzato dal sistema stesso, ecco vi consiglio di partire con questi due: Domenico Losurdo, Controstoria del liberalismo, edizioni Laterza e Terrorismo Occidentale di Noam Chomsky e Andre Vitcheck edizione Ponte alle Grazie.
Qui non solo si prosegue la guerra fredda, ma si vogliono gettare le fondamenta di un’Europa dei ricchi. L’idea della giustizia sociale deve essere soffocata una volta per tutte. Bollarci come assassini serve a questo.
E. Honecker
Immagine di Rogger (dettaglio) da needpix.com
Davide Viganò nasce a Monza il 24/07/1976: appassionato di cinema, letteratura, musica, collabora con alcune riviste on line, come per esempio: La Brigata Lolli. Ha all’attivo qualche collaborazione con scrittori indipendenti, e dei racconti pubblicati in raccolte di giovani e agguerriti narratori.
Rosso in una terra natia segnata da assolute tragedie come la Lega, comunista convinto. Senza nostalgie, ma ancor meno svendita di ideali e simboli. Sposato con Valentina, vive a Firenze da due anni