Ancora una volta i coreani fanno scuola. Dopo Park Chan-wook di “Oldboy”, eccone un altro: Bong Joon – Ho. Il Florence Korea Film Festival 2019 mi ha lasciato davvero a bocca aperta. Dopo il flop di “Okja” (prodotto da Netflix), stavolta non ci sono dubbi: “Parasite” è un film ineccepibile. Un mix difficilmente etichettabile tra grottesco, thriller, dramma e commedia nerissima. La ricetta del successo internazionale (comprese le tematiche) di “Snowpiercer” è ancora una volta esposta in tutta la sua forza: la lotta di classe oggi è una questione di spazi. Stavolta non ci sono quelli orizzontali del treno, ma è tutto sviluppato in verticale: c’è la villa, ma anche la cantina, il sottosuolo. La contrapposizione dei due elementi è volutamente brutale come quella tra una mega villa con piscina e una favela.
Ci sono piuttosto diverse porte che ne aprono altre, come se fossero matrioske (stile “L’uomo del labirinto” di Carrisi). Dietro ogni volto, ce n’è un altro e poi un altro ancora. “Nella vita incontrerei tante maschere e pochi volti” – diceva Pirandello. Bong Joon Ho dà ragione e sostanza allo scrittore/poeta siciliano. Già dopo i primi minuti si capisce la forza anticonformista di questo film. Il messaggio è questo: non bisogna andare a strizzare l’occhio al pubblico (e quindi al botteghino), ma bisogna farlo uscire dalla zona di confort e costringere chi guarda ed essere spiazzato, a pensare, a farsi domande.
Veniamo al film. Siamo nella Corea del Sud odierna. La macchina da presa indaga sui bassifondi. Fin dall’inizio ci mostra la famiglia Ki-taek, composta da 4 scrocconi parassiti felicemente disoccupati, che vivono in uno scantinato malandato e maleodorante. Hanno già scritto a Di Maio, ma non hanno aderito né a quota 100 e non hanno avuto il reddito di cittadinanza. Battute a parte, il loro vero “impiego” è scroccare la connessione a “quella di sopra”. La bastarda però ha messo la password e il dramma si fa consistente. Ma non si abbattono, nonostante i lavoretti siano banali (piegano i contenitori per le pizze), sporadici e mal pagati. Per sbarcare il lunario, tuttavia, usano sempre qualche furbizia. Un giorno però il giovane figlio Ki-woo deve sostituire un amico, il quale lo raccomanda come (finto) insegnante d’inglese per la ricca famiglia Park.
Questi ultimi vivono in una dimora lussuosa, disegnata a suo tempo da un importante architetto.
Ma ecco che l’occasione fa l’uomo ladro perché il lavoro è ben pagato. Abituato a usare la furbizia ogni volta, naturalmente il giovane Ki-woo, vista la ricchezza della famiglia Park, chiede un lavoro anche per i suoi familiari. Il primo passo è inserire la sorella come insegnante d’arte, fingendo che sia una conoscente. Poi verrà l’occasione per il padre e la madre. Ma la famiglia Park, per fare spazio a loro, dovrà licenziare la domestica e l’autista attuali innescando di fatto una guerra tra poveri che produrrà squilibri e naturalmente farà vittime. Gli europei soprattutto dovrebbero conoscere il fenomeno: In gergo si chiama neoliberismo. Questa richiesta, seppur tremendamente abituale e ormai di costume nella nostra società, sarà l’inizio di una serie di sotterfugi, inganni, trappole. I soldi arrivano, tutti sfruttano l’occasione (“i ricchi sono proprio dei fessi” – dice il capofamiglia Ki-taek), ma nei bassifondi della villa c’è un segreto piuttosto importante di cui nessuno è a conoscenza. Ma il male si annida lì sotto o in superficie? – pare chiedersi il regista.
Un film incredibile dove il dominio spetta alla retorica, all’odio e all’individualismo. Non c’è spazio per solidarietà e competenza. Il capitalismo è un gigantesco picnic all’aria aperta con vista sull’inferno. Quando lo spettatore crede di aver capito tutto, ecco che arriva il bello. Dopo un primo tempo divertente e ordinario, il secondo ribalta le prospettive e modifica continuamente la posta in palio. Roba da non credere. Lo spettatore è continuamente sballottato, non ha punti di riferimento. Tutto torna, la sceneggiatura fila tremendamente fino alla fine.
Il capitalismo (con conseguente individualismo) è l’unica cosa che muove l’uomo oggi, sembra dire Bong Joon Ho. Ci sono solo due classi sociali: i ricchi e i poveri. Non c’è solidarietà, solo competizione. Anche all’interno della famiglia, se necessario per raggiungere lo scopo. La famiglia, in certi casi, è una maschera pirandelliana usata dall’uomo per i suoi fini. Ma attenzione non è un film strettamente politico: è piuttosto un’opera di cinema vero, stratificato che ha a cuore l’umanità.
Tuttavia, la società coreana è incredibilmente spietata, cattiva e dura. Bong Joon Ho fa un’analisi perfetta dei nostri tempi: c’è la (piccola e velata) critica agli americani che danno ancora la caccia ai nativi indiani e soprattutto ai missili di Kim Jong-un. Il regista ci dice che non ci sono vie di scampo e ci mostra il perché con cattiveria e ironia nera. Non è un caso che nel 2019 Parasite e Joker abbiano vinto il massimo riconoscimento dai due festival europei più importanti nel mondo (Cannes e Venezia). Entrambi mostrano delle patologie sociali.
Il tema portante di “Parasite” è simile ad esempi di cinema come quelli recenti di Yorgos Lanthimos (The lobster, Il sacrificio del cervo sacro) e Jordan Peele (Noi, Get Out). Solo che si ride in maniera amara. A far la differenza, va detto, c’è una cura maniacale per il dettaglio. Tutto torna e funziona maledettamente bene. E poi c’è un finale che è lontano anni luce dal lieto fine di casa Disney. Unico neo le musiche abbastanza anonime. Anche se l’uso di “In ginocchio da te” di Gianni Morandi è da antologia cinematografica. Non vi svelo altro, ma riderete amaramente.
La costruzione delle immagini, i raffinati movimenti di una macchina da presa mai doma sono tenuti sotto controllo da un imbizzarrito cavallo pazzo chiamato Bong Joon Ho. Una lezione di cinema vera (un esempio è l’incredibile pianosequenza della “discesa negli scantinati infernali”). Il film è stato un successo ovunque. Rappresenterà la Corea del Sud agli Oscar 2020 e ha vinto la Palma d’Oro 2019 a Cannes. Suppongo invece che in Italia, considerando l’incredibile sfilza di analfabeti funzionali, la stragrande maggioranza difficilmente lo andrà a vedere. E altrettanto difficilmente lo capirà. Ovviamente voi andate al cinema. Onore alla casa indipendente Academy Two che, insieme a Lucky Red, distribuirà la pellicola in Italia.
Se vi è piaciuto Parasite, vi consigliamo anche:
– The Lobster di Yorgos Lanthimos
– Il sacrificio del cervo sacro di Yorgos Lanthimos
– Oldboy di Park Chan-wook
– Scappa Get Out di Jordan Peele
– Noi di Jordan Peele
– Snowpiercer di Bong Joon Ho
– Un affare di famiglia di Kore’eda Hirokazu
Fonti: Sentieri Selvaggi, Cinematografo, Film Tv, Mymovies, Comingsoon, Bad Taste, Onda Cinema, Movieplayer
Regia ***** Interpretazioni ***** Montaggio ***** Sceneggiatura ***** Fotografia **** Musiche ***
PARASITE *****
(Corea del Sud 2019)
Genere: Grottesco, Drammatico, Thriller, Splatter
Regia: Bong Joon-Ho
Sceneggiatura: Bong Joon-Ho e Han Jim Won
Fotografia: Kyung Pyo – Hong
Cast: Kang-ho Song, Sun-kyun Lee, Yeo-Jeong Cho, Woo-sik Choi, Hyae Jin Chang, So-dam Park
Durata: 2h e 12 minuti
Distribuzione: Academy Two (in collaborazione con Lucky Red)
Uscita: 7 Novembre 2019
Palma d’Oro al festival di Cannes 2019
Trailer in italiano
La frase: Sono gentili perché sono ricchi
Immagine da www.panorama.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.