Per la prima volta un computer quantistico ha demolito le prestazioni del più potente supercomputer classico. Siamo di fronte a una nuova era per l’informatica?
Dopo le svariate indiscrezioni degli ultimi mesi, la divisione di Google che studia i processori quantistici ha pubblicato su Nature[1] i risultati che mostrano il raggiungimento della cosiddetta Quantum Supremacy o supremazia quantistica. In parole semplici il computer quantistico di Google è riuscito a risolvere in 200 secondi un calcolo che il più potente computer tradizionale (IBM) avrebbe risolto in circa 10.000 anni; un risultato di proporzioni così eclatanti, seppur ridimensionato dai tecnici IBM, da poter aprire enormi possibilità per il futuro dell’informatica e del calcolo.
Per entrare più in profondità in questo complicatissimo argomento vanno necessariamente fatte alcune premesse. Partiamo dalla domanda chiave: cos’è un computer quantistico? Anche se la risposta precisa è molto articolata e richiederebbe spiegazioni fatte da pagine di equazioni che non saprei assolutamente né riportare né tantomeno spiegare, il concetto alla base può essere semplificato abbastanza bene attraverso un’analogia con semplici interruttori.
La base dell’informatica classica sta, più o meno, tutta nell’idea che un interruttore possa trovarsi solo in due stati (acceso o spento), mentre nell’informatica quantistica si lavora su interruttori che possono trovarsi anche in stati diversi. La domanda allora non può che essere: come può un interruttore (pensate a quello della luce) trovarsi in stati diversi rispetto ad acceso o spento? La risposta si trova nel diverso universo in cui ci troviamo quando parliamo di quantistica rispetto alla fisica classica: da un lato abbiamo “l’universo atomico e subatomico”, dall’altro il “mondo del visibile”. Questi due mondi sono guidati da leggi diverse che, appunto, permettono ad un interruttore quantistico di fare cose vietate agli analoghi classici. Ricapitolando: i computer classici si basano su circuiti elettromagnetici, mentre quelli quantistici usano come interruttori gli atomi, i fotoni o gli elettroni.
Andiamo oltre: in fisica quantistica esistono stati permessi e stati non permessi, come lungo una scalinata si può procedere solo dove troviamo la pedata, senza poter poggiare i piedi tra scalino e scalino.
Quindi avremo uno stato permesso che rappresenta l’interruttore spento e uno che lo rappresenta acceso e li chiameremo stato zero e stato uno. Per l’informatica classica questa è la base di tutto, da qui nascono il codice binario, i bit e l’intero processo che guida ogni programma in ogni laptop, smartphone o tablet in giro per il Mondo. Nella quantistica, in più, possiamo giocare con questi due stati attraverso due leggi chiave: il principio di sovrapposizione[2] e l’entanglement[3]. Il primo è un postulato fondamentale che dimostra come due stati quantistici permessi possano essere sommati generando un nuovo stato permesso e che, di conseguenza, ogni stato permesso possa essere letto come somma di altri stati permessi. L’entanglement (letteralmente “intreccio”) è un fenomeno tipico della fisica quantistica in cui, in determinate situazioni, non è possibile descrivere lo stato quantico di un sistema fisico senza considerarlo come un insieme complessivo di più stati.
Torniamo adesso all’interruttore. Abbiamo detto che questo può trovarsi spento (zero) o acceso (uno). Con due interruttori avremo quattro stati permessi (0-0;0-1;1-0 e 1-1), con quattro interruttori ne avremo 16 e via così in maniera esponenziale. Come già detto, per i computer tradizionali tutte le informazioni devono essere trascritte e tradotte in questo linguaggio per poter essere poi elaborate. Non esiste altro modo. Per quanto possa essere complicato il calcolo o il programma che si utilizza, alla fine si torna sempre al concetto dell’interruttore. Se i quattro stati, derivanti dai due interruttori, potessero sovrapporsi, sottrarsi, intrecciarsi generando altri stati permessi, risulterebbe evidente come molti altri sarebbero permessi a parità di condizioni iniziali.
Provo a fare un esempio pratico. Abbiamo visto come due interruttori generano, in condizioni tradizionali, quattro stati permessi; se ogni stato fornisse come output una lettera (lo stato 0-0 che genera la C, lo 0-1 la I, l’1-0 la A e l’1-1 la O), per ottenere come output la parola CIAO il calcolatore avrebbe bisogno della sequenza (0-0;0-1;1-0;1-1). In un computer quantistico, partendo sempre dai soliti due interruttori, i quattro stati si potrebbero anche sommare generando un numero esponenziale di risultati perfettamente validi ai quali poter associare altre lettere! In definitiva con il solito numero di interruttori saremmo in grado di scrivere l’intera Divina Commedia o di associare alfabeti di ogni parte del mondo e non solo di scrivere CIAO. Questa è, in estrema sintesi, la supremazia quantistica.
Come ho spiegato prima gli interruttori quantistici (atomi, molecole, fotoni, elettroni) non presentano solo due stati, a causa dei principi cardine della fisica quantistica. Al contrario essi, in maniera contro-intuitiva, rappresentano in contemporanea più di uno stato permesso. Com’è possibile? Grazie alla visione probabilistica della meccanica quantistica. L’esempio più famoso? Il paradosso del gatto di Schrödinger. Il gatto dentro la scatola con la fiala di veleno nella visione classica può solamente essere vivo o morto, mentre nella visione quantistica è sia vivo che morto! Solo aprendo la scatola potremmo saperlo. Il gatto rappresenta un interruttore quantico di cui non possiamo sapere con certezza se è acceso o spento senza prima aprire la scatola, cioè interferendo con il sistema.
Riassumendo questa parte tecnica i computer quantistici, a differenza di quelli tradizionali, usano il superiore numero delle molecole, degli atomi e delle particelle subatomiche per aumentare a dismisura la capacità di calcolo, mentre trasformano un calcolo basato sulla certezza in uno fondato sulla probabilità.
Dal punto di vista storico l’informatica quantistica risale a circa trent’anni fa quando un gruppo di fisici e informatici in tutto il mondo (tra cui Richard Feynman e Paul Benioff) ebbero la pazza idea di utilizzare le leggi caratteristiche della fisica quantistica per l’informatica. Come abbiamo visto sopra: non più solo computer basati solo su zero e uno, ma anche sulla sovrapposizione tra essi, sull’intreccio complesso dei sistemi e sul calcolo probabilistico.
Dai primi successi degli anni ottanta le ricerche sono proseguite fino ai giorni nostri con la nascita dei grandi computer quantistici di IBM e, appunto, di Google. Trent’anni di successi che farebbero pensare ad una rivoluzione copernicana alle porte, quando invece sono ancora molte le perplessità e le criticità da risolvere.
Due problemi su tutti.
Punto primo: i computer quantistici, come quello di Google, raggiungono il loro scopo perché vengono creati e perfezionati esclusivamente per quello. Tutto, compreso il calcolo da eseguire, viene progettato per ottimizzare le prestazioni del computer. Qualunque altra operazione non viene nemmeno considerata.
Punto secondo: questi sistemi, estremamente dispendiosi in termini energetici (si parla di 109-1012 kilowattora) e necessitano, per abbattere questi consumi, di poter lavorare con materiali superconduttori, cioè con metalli che a temperature prossime allo zero assoluto (-273°C) non oppongono resistenza alla corrente elettrica. Per questo motivo servono liquidi criogenici come l’elio liquido che sono estremamente costosi e, soprattutto, in via d’esaurimento.
Nonostante queste due criticità principali resta il fatto che un computer capace di ridurre i tempi di calcolo e di elaborazione potrebbe davvero aprire una nuova era in tutti i campi scientifici e tecnologici, dalla medicina all’ingegneria, dall’astrofisica alla chimica, dall’architettura fino, purtroppo, all’industria militare.
La sensazione, in definitiva, quindi è di aver demolito un confine, un muro, e di trovarsi di fronte ad una grande pianura dove è tutto da costruire e da scoprire. Come succede sempre in questi casi, anche se la strada è lunga e per niente scontata, non credo esista un modo di tornare indietro da questa enorme, epocale, svolta impressa nell’informatica.
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Nature volume 574, p. 505–510 (2019) ↑
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https://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_sovrapposizione_(meccanica_quantistica) ↑
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https://www.wired.it/scienza/lab/2019/07/15/prima-immagine-entanglement-quantistico/ ↑
Immagine di Steve Jurvetson (dettaglio) da flickr.com
Sono nato nel 1984 vicino Firenze e ci sono cresciuto fino alla laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche nel 2009. Dopo il dottorato in Chimica, tra Ferrara e Montpellier, ho iniziato a lavorare al CNR di Firenze come assegnista di ricerca (logicamente precario). Oltre che di chimica e scienza, mi occupo di politica (sono consigliere comunale a Rignano sull’Arno), di musica e di sport. E si, amo Bertrand Russell!