Lo scorso 30 ottobre la proposta della senatrice a vita Liliana Segre di istituire una Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza è stata approvata in Senato con 151 voti favorevoli. Ha fatto però molto discutere l’astensione delle destre (ben 98 senatori di Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia) che hanno affermato di considerare la Commissione non tanto come uno strumento per contrastare gli episodi di razzismo e di intolleranza quanto come una modalità per silenziare le opinioni sovraniste e nazionaliste.
Leonardo Croatto
Ho trovato piuttosto stucchevole lo stupore che ha connotato il dibattito pubblico sulla proposta della senatrice Segre. Stupirsi o indignarsi perché i partiti di destra di questo paese osteggiano una qualsiasi azione politica volta a contrastare fenomeni di xenofobia o a combattere il linguaggio d’odio è o molto ingenuo o molto ipocrita: i tre partiti che rappresentano in parlamento la destra conservatrice italiana – Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega – sono costitutivamente contigui a quelle idee e usano ordinariamente quel tipo di linguaggio come strumento di comunione immaginaria col proprio elettorato. Nel caso assolutamente speciale della Lega, poi, l’attuale segretario federale ha messo in moto una vera e propria macchina educativa finalizzata alla diffusione di queste idee, una pedagogia dell’odio e della violenza utile a spostare consensi verso il partito che in maniera più esplicita si è candidato a rappresentare quelle idee. Di questi soggetti ci stupiamo del voto?
Come spesso accade, la realtà è molto più semplice e lineare del racconto che se ne fa, e la scelta di raccontare la realtà rendendo opaco quello che è trasparente è di per se una scelta politica che porta con se responsabilità e complicità: il nostro paese vive un evidente, manifesto rafforzamento delle organizzazioni d’impianto fascista, strutturatesi su un mai interrotto legame col fascismo storico (con cui non abbiamo mai fatto i conti dopo la guerra) e rafforzatesi a seguito di fenomeni economico-sociali omologhi a quelli già vissuti negli anni ’20 del ‘900. Eppure, nonostante la variegata platea di associazioni e partiti più o meno esplicitamente fascisti operanti indisturbate nel nostro paese, la stampa e gli altri organi d’informazione – forse con la sola meritoria eccezione de L’Espresso – hanno sempre titubato nell’usare apertamente il termine “fascista” per definire questi soggetti, e ancor maggiore pudore è stato usato nei confronti dei tre partiti della destra “istituzionale”.
Se per Fratelli d’Italia è facile tracciare indietro nel tempo i legami col PNF passando attraverso l’MSI, Forza Italia ha flirtato con l’elettorato fascista in maniera meno esplicita, mentre per la Lega è stata la segreteria Salvini a scegliere di rendere manifesti, di capitalizzare, quei tratti che – pur presenti – erano stati tenuti sotto controllo dai segretari precedenti.
Nonostante la facilità d’uso, c’è una sorta di rimosso culturale collettivo, che non di rado assume tratti di strumentalità, che sembra impedire l’utilizzo dell’aggettivo “fascista”, preferendo denominazioni fumose o poco definitorie: “sovranista” in Italia, “alt-right” negli Stati Uniti e altre definizioni che non appartengono alla tassonomia delle ideologie politiche si sono diffuse nell’uso comune sostituendosi alla definizione più corretta.
Mentre capisco che da destra si faccia una battaglia contro il recupero di questa definizione, meno ne capisco la difficoltà d’uso da sinistra e nei mezzi di comunicazione di massa (fatte salve tutte le contiguità tipiche della borghesia e dei liberali, ovviamente, che sempre da quella parte sono stati – non vorrei apparire ingenuo pure io). Probabilmente sarebbe utile per tutti il recupero del lavoro di Furio Jesi su questo tema: una corretta ricollocazione nel sistema delle idee politiche di questi soggetti, uno smascheramento, aiuterebbe a sciogliere quelle ambiguità realizzate tramite una scorretta rappresentazione: fascisti sono, come fascisti si comportano, come tali vanno trattati, tutti quanti.
Piergiorgio Desantis
Non c’è certo da meravigliarsi che le destre, ossia quel campo che va dalla Lega a Fratelli d’Italia passando per Casa Pound e Forza Nuova, neghino l’esistenza del razzismo in Italia. Tutte narrano, invece, di un’invasione dei migranti, di una sostituzione etnica e della continua sottrazione del lavoro, della casa, dei posti in ospedali agli italiani ad opera di invasori. Si resta stupiti per il tenore del discorso e soprattutto per le ampie praterie che la destra continua a conquistare sia in periferia che nei centri storici, al Sud come al Nord. La destra è maggioranza conclamata nel paese, nonostante non abbia ancora i numeri in Parlamento per dettare legge. Bene ha fatto la senatrice Segre ad affrontare a viso aperto questioni importanti e, quindi, necessariamente divisive (anche se l’iniziativa era stata pensata per unire). Tuttavia, si sente anche la necessità, a sinistra, di ricominciare a parlare di classi, di diseguaglianze, di conflitto capitale/lavoro per iniziare a sfidare l’egemonia di destra sul suo stesso campo.
Dmitrij Palagi
Il dibattito sulla cosiddetta “commissione Segre” misura il livello di barbarie del nostro Paese. La polemica sul politicamente corretto si alimenta della lettura altro contro basso, permettendo a chi difende gli interessi dell’alto (una classe sociale precisa, non un presunto circolo elitario) di ammantarsi da paladino del basso (altre classi sociali diffusamente prive di coscienza).
L’anticomunismo ha permesso di vincere a Berlusconi, nella Seconda Repubblica, mentre la maggioranza della sinistra istituzionale abbandonava l’antifascismo in nome della governabilità, confidando di poter relegare il passato come storia istituzionale, da commemorare anziché elaborare.
Nel frattempo, un giorno dopo l’altro, la lettura sociale delle sinistre si è rivelata inadeguata e le destre hanno conquistato un pezzetto alla volta del mosaico con cui oggi sono egemoni.
Quasi tutti i confini costituzionali sono di fatto caduti. Non riconoscerlo e non esserne conseguenti, considerando indicibili alcuni sentimenti diffusi equivale a quanto fanno le persone intorno a Harry Potter rispetto al cattivo di turno. Temerlo è il miglior modo per favorirlo, almeno quanto sottovalutarlo…
Jacopo Vannucchi
I partiti di destra presenti in Parlamento hanno dichiarato ufficialmente che la loro astensione sull’istituzione della Commissione Segre non è dovuto a loro orientamenti antisemiti, ma, più banalmente, a un dissenso verso le modalità con cui la Commissione è stata istituita. Parole non molto credibili visti gli insulti antisemiti rifilati a Gad Lerner dai militanti leghisti o i continui attacchi di Fratelli d’Italia nei confronti del finanziere ebreo George Soros. Ma, al di là di questo, osserviamo pure i motivi di dissenso espressi dalla destra.
Le mozioni alternative, tutte respinte dal Senato, si differenziavano dalla mozione Segre sostanzialmente per:
1) Includere l’anticristianesimo tra i crimini di odio specificamente nel raggio d’indagine della Commissione (mozioni Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia);
2) Recepire la risoluzione del Parlamento europeo che equipara i regimi nazifascisti a quelli social-comunisti (mozione Fd’I);
3) Considerare esplicitamente la popolazione islamica in Europa come responsabile del diffondersi dell’antisemitismo (mozioni Lega e Fd’I);
4) Individuare specificamente le cause di intolleranza e violenza in: scarso accesso ai servizi di welfare, scarso controllo sull’immigrazione, scarso controllo sui centri di culto islamici, prepotere delle minoranze sulla maggioranza degli italiani (mozione Lega).
Ora, l’anticristianesimo è certamente un fenomeno grave e presente in alcune aree del pianeta con forte presenza di terrorismo islamista (ad esempio, la Nigeria o i territori già controllati da Daesh), ma non sembra francamente un problema in Italia. Che poi lezioni sul welfare come calmiere della tensione sociale vengano dal partito che ha la flat tax per i ricchi tra i cavalli di battaglia è semplicemente offensivo. Altra contraddizione da rilevare è che la Lega al Senato individua nei centri di culto islamici «illegali» (sic) un fattore di destabilizzazione, ma poi sul territorio si oppone costantemente all’edificazione di moschee, contribuendo cioè a mantenere la popolazione di fede musulmana in uno stato di tensione ed emarginazione, che – non è difficile capirlo – incentivano processi di radicalizzazione violenta.
Ma l’aspetto più interessante non è ciò che i partiti di destra hanno scritto nelle mozioni, ma ciò che hanno detto a parole – Giorgia Meloni addirittura contattando telefonicamente la senatrice Segre. Il timore è che la formula «istigazione all’odio» sia troppo generica e possa portare a una censura politica di idee – dalla destra considerate legittime – che sostanzialmente sono: le coppie omosessuali non costituiscono una famiglia; i musulmani sono una minaccia per la società; gli immigrati sono una minaccia per la società. Come è stato scritto, con un’ironia drammaticamente seria, si tratta quindi di una «commissione contro l’odio curiosamente osteggiata da quelli a favore dell’odio» ( vedi qui ).
Alessandro Zabban
La crescita dell’estrema destra in Europa è inequivocabile, come dimostrano anche le ultime consultazioni elettorali. E ci sono ormai davvero pochi dubbi sul fatto che parallelamente vi sia una preoccupante crescita di fenomeni di intolleranza e razzismo che appaiono sempre meno circoscritti ed episodici rispetto a quelli di qualche anno fa. La Commissione Segre, così come la proclamazione a Dresda dello stato di emergenza nazismo, rappresenta un doveroso atto simbolico che certifica una situazione oggettivamente preoccupante. La vera sfida al sistema valoriale sovranista va però soprattutto fatta a partire da una radicale trasformazione della società che solo una politica realmente progressista può realizzare.
La sinistra radicale è marginale praticamente ovunque e ora il centrosinistra europeo si trova a un bivio. Sono abbastanza ridicole le accuse della destra alla Commissione Segre di essere “sovietica” e uno strumento per “mettere il bavaglio al popolo”, come dice Salvini, ma occorre decidere se si vuole continuare a puntare su un neoliberismo in crisi, che vorrebbe equiparare nazismo e comunismo, oppure riconoscere la specificità dell’odio di estrema destra, che è prevaricazione pura e che è dunque l’antitesi delle idee di sinistra, per imboccare un nuovo sentiero che recuperando i valori fondanti del socialismo, si ponga come alternativo alla destra xenofoba e al neoliberismo che ne è la benzina sul fuoco. La Commissione Segre sembra timidamente indicare questa seconda strada, peccato che le forze al governo sembrano interessate a proseguire sulla via morente del neoliberismo europeo e sul suo disperato tentativo di marginalizzare e delegittimare ogni altra visione del mondo.
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