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“Per
trenta anni ho ripetuto tutte le banalità del liberismo
ideologico”
“Una delle più grandi stupidaggini che abbiamo
raccontato è che non si salvano i posti di lavoro, ma si salva il
lavoro.”
Queste sono le parole di Carlo Calenda, in seguito al
suo incontro con i lavoratori dell’ex Embraco.
“Il lavoro e
i lavoratori sono temi del 900”
Un compagno in polemica con
altri compagni
Come spiegare la deriva che da molto tempo colpisce il tema del lavoro e la figura dei lavoratori, a un pubblico distratto, ma non per questo rabbioso, malcontento, incapace di comprendere il tempo che vive? Con questi interventi illuminanti. Il primo, con la leggerezza borghese e padronale di chi è certo di appartenere ai vincenti, si permette di fare una sorta di autocritica dopo ben trenta e passa anni di sostegno alla causa principale del problema di svuotamento e marginalità nell’agenda politica, del tema lavoro e dei lavoratori.
Trenta
anni fa: 1989. Tra poco meno di un mese, con esattezza il giorno 9,
molti non ci faranno mancare parole o manifestazioni di giubilo per
la caduta del muro di Berlino. Saranno racconti basati sull’idea
romantica che abbia trionfato la democrazia e la libertà. Non
mancheranno nemmeno gli interventi da sinistra e sicuramente anche
qualche leader comunista non mancherà di citare Victor Serge o altri
della quarta internazionale, qualche dissidente (di quelli che nei
discorsi ti fan sempre fare una bella figura), qualche libertario
meglio se occasionalmente poeta. Tutti avranno parole di condanna
contro il dogma, la dittatura, la mancanza di dar peso e concretezza
ai sentimenti delle masse nei confronti di un sistema che non li
comprerei e li usa.
La grande vincitrice sarà la democrazia,
che si sostiene grazie ai diritti individuali e le libertà di
pensiero ed espressione, alla stampa libera e tutta sta libertà dove
ti porta? Ma come dove! Nello sfavillante mondo del capitalismo e
del libero mercato.
A parte che sarà premura del vostro pennivendolo scrivere due parole sul fatto che le nostre democrazie e libertà imposte agli altri, con guerre, quinte colonne, distruggendo la loro economia, sono mezzi per nulla democratici, vorrei che ora ci concentrassimo su un fatto, ponendoci questa domanda: Non sarebbe meglio liberarci dal dogma della democrazia, così come la conosciamo e l’applichiamo, e del libero mercato per interrogarci su altri sistemi che abbiano sempre un’idea di libertà e civiltà ma che queste belle cose non siano sottomesse alla produzione e al profitto? L’anti democrazia è sempre un demerito?
Non credo sia possibile dibattere con lucidità su questi temi, perché già vedo legioni di gente molto semplice, per non scrivere altro, pronti a strapparsi le vesti al grido di allarme fascista o tentando la carta che a loro non viene mai bene del sarcasmo, dicendo “ vai vivere a…” paese per loro canaglia che più canaglia non si può. Purtroppo il livello di dibattito è minato da una voglia di polemica e di autodifesa ad oltranza, tuttavia vi invito a rifletterci su, sono domande che pongo cercando una risposta collettiva.
Ma
perché vi ho fatto queste domande e cosa c’entra il 9 novembre
1989, Calenda e quel compagno libertario che se ne frega del tema del
lavoro e dei lavoratori che tanto mica siamo nel 1900?
C’entra
perché dal crollo del muro, fino all’implosione sovietica, si è
aperta la strada a una politica economica, e dunque sociale, molto
aggressiva sul tema del lavoro. Le prime cose che la libertà ha
portato alle classi proletarie occidentali o dell’ex blocco
comunista, sono stati leggi a favore del padronato, della libera
impresa, delle classi dominatrici. Cancellando, con la storia di
liberare il mondo dal comunismo, molte sacrosante vittorie del
sindacato e della classe operaia.
2
Una
guerra condotta con ogni tipo di arma a disposizione dei padroni
ormai liberissimi di imporre ogni loro richiesta a uno Stato sempre
più debole, un mezzo per dar maggior potere a gruppi economici in
conflitto tra loro.
La cosa fondamentale era porre fine alla
solidarietà e coscienza di classe dei lavoratori, rendere il
sindacato obsoleto, e dar l’illusione della meritocrazia, che
spesso e volentieri vuol dire chi segue senza fiatare le regole del
capo.
I
partiti liberali, anche quelli più progressisti o che venivano da
una storia legata al comunismo, hanno votato e creato le peggiori
leggi sul mondo del lavoro, favorendo le imprese e lo spirito
competitivo del libero mercato, piuttosto che un’idea sociale del
lavoro e della salvaguardia della salute dei lavoratori. Dal
Pacchetto Treu del 1998, che apre la strada alla precarietà, fino
alle recenti leggi volute dai partiti di destra o liberal.
Il
fatto che si sia completamente smantellato lo statuto dei lavoratori
e che molti compagni non abbiano quasi per nulla reagito, ci fa
capire come la propaganda della democrazia del e nel libero
mercato abbia conquistato anche loro. Gli altri hanno fatto
quello che potevano, mostrando tenacia e forza ma ormai messi in un
angolo, scomparsi dalle cronache politiche e persi a litigare tra di
loro o con altri compagni.
3.
Attaccare
il lavoro e i lavoratori è un atto che non è per nulla democratico
e non difende nessuna libertà, se non quelle delle classi
dominatrici e dei loro interessi.
In questi trenta e passa anni
siamo finiti dal confronto forte e feroce sul capitale e il lavoro a
quello legato a fenomeni personali, importantissimi e fondamentali,
ma che lasciano dietro migliaia di uomini e donne che hanno solo il
lavoro come unico mezzo per non finire tra i disperati. Considerarli
roba del ‘900, è una presa di posizione classista. Di difesa degli
interessi economici e sociali del padronato e di quel sistema di
partiti e privati che di fatto comanda, attraverso una ridicola
alternanza, il mondo occidentale da fin troppi anni.
Il
lavoratore diventa un mezzo per far guadagnare molti soldi
all’imprenditore di turno, oltretutto un mezzo che possiamo
ottenere con poco, ricattabile, una persona che per non perder il
posto oppure per ottenerlo accetterà ogni contratto possibile e
immaginabile.
In questi anni di cooperative e e aziende che
hanno spremuto la vita di molti esseri umani ne sono nate. Lavoro in
nero, a provvigione, pagato pochissimo. Non mi è mai parso di veder
i democratici, i liberi, quelli che ricordano con commozione la
magica notte del 9 novembre 1989, far qualcosa per togliere il marcio
nel mondo di chi ti offre un posto di lavoro. Non interessa, non è
conveniente.
4
Tutto
questo porta a uno sfruttamento totale del lavoratore,
disumanizzato e spersonalizzato, privato di ogni solidarietà e
coscienza di classe, è un docile oggetto di produzione e profitto.
Tutto questo ha un prezzo: spesso i lavoratori ci crepano sul posto di lavoro. Due righe per far finta di esser amareggiati per quanto accaduto e via verso altri argomenti. Muoiono ma in realtà sono morti da molto tempo. Da almeno trenta e passa anni. Sono roba inutile del ‘900, qualcuno con una sensibilità più a sinistra magari insiste di più sulle vite di queste vittime del terrorismo padronale, di questi morti assassinati dalla democrazia del libero mercato, ma rimane tutta roba di secondo piano, nomi e facce che si dimenticano appena scritto l’articolo, che poi io in realtà volevo occuparmi di qualcosa di più attuale, come l’ambiente. Senza capire che anche quel tipo di argomento, come anche il patriarcato, passa anche quello dal lavoro, dai lavoratori, dallo scontro tra capitalisti che sfruttano e sfruttati che devono produrre anche a costo della vita.
5
Nei
primi sette mesi del 2019 sono morti 559 lavoratori, ma
l’articolo
che sto prendendo in considerazione si ferma al 12 settembre, per
cui non tiene conto dei morti che sono seguiti dopo quella data.
Sono
559 e passa vite, che Dario Fo avrebbe chiamato minute, perché
spesso e volentieri queste morti colpiscono proletari e
sottoproletari.
Sono
persone che muoiono giovanissimi al primo giorno di lavoro, perché
mica perdiamo tempo a formare i nuovi e poi che vuoi che sia se il
materiale con cui lavoriamo è scadente! Si deve risparmiare. O
persone anziane che non dovrebbero lavorare in fabbrica o nei
cantieri. Sono uomini sposati, magari qualcuno di loro con ambizioni
e sogni abbandonati per un posto qualsiasi perché altrimenti come
facciamo a campare?
Sono gli invisibili e dimenticati, anzi no!
Peggio. Sono quelli a cui dedichiamo due righe pensando ad altro.
Fino a quando non pensiamo che questo sistema ha avuto trenta anni per distruggere ogni conquista fatta dal basso, dai proletari, dai lavoratori, fino a quando non riteniamo che questa sia una guerra fatta dalle classi dominatrici e che il capitalismo è colpevole di queste morti, tutti questi assassinati non avranno giustizia o pace. Sì, assassinati dal terrorismo criminale delle democrazie capitaliste. Il socialismo è il tentativo di arginare questa follia.
Immagine (dettaglio) da all-free-photos.com
Davide Viganò nasce a Monza il 24/07/1976: appassionato di cinema, letteratura, musica, collabora con alcune riviste on line, come per esempio: La Brigata Lolli. Ha all’attivo qualche collaborazione con scrittori indipendenti, e dei racconti pubblicati in raccolte di giovani e agguerriti narratori.
Rosso in una terra natia segnata da assolute tragedie come la Lega, comunista convinto. Senza nostalgie, ma ancor meno svendita di ideali e simboli. Sposato con Valentina, vive a Firenze da due anni