La nascita di Italia Viva, appena dopo la fiducia del governo Conte bis, cambia le carte in tavola nella nuova maggioranza. Quali sono i reali intenti della nuova formazione? Quanto potrà durare il nuovo governo? Ne parliamo questa settimana nel dieci mani.
Piergiorgio Desantis
“Il partito novecentesco non funziona più. Voglio fare una cosa nuova, allegra e divertente ma che metta al centro i problemi”. Questa una delle risposte all’intervista rilasciata da Renzi a La Repubblica in cui ha annunciato la nascita del suo, personale, nuovo partito. Lasciando per un attimo da parte la superficialità di analisi della fase (sono trent’anni che si sente questo leit motiv), appare come una scelta tutta dettata dalla necessità di avere visibilità e un contatto diretto nel governo. Una “manovra di palazzo” neomacroniana cui vedremo l’effettiva consistenza elettorale alle prossime elezioni; certamente questa novità è funzionale a presidiare il territorio a difesa di Jobs Act e contenuti del referendum costituzionale del 2016, inguaiando certo l’ipotesi di governo di cambiamento e di discontinuità. Quest’ultima, infatti, è da intendersi non solo rispetto al governo giallo verde ma anche alle politiche degli ultimi vent’anni (per lo meno) per cercare di smontare il grande consenso che continua a detenere Salvini e la lega. Italia. Sarà il caso di prenderne finalmente atto?
Dmitrij Palagi
L’anomalia di Salvini è quella di aver trasformato la Lega in un soggetto politico nazionale “nuovo”, nonostante una storia ormai lunga, iniziata da Bossi a inizio anni ’90. La sua destra ha consegnato all’Italia un interlocutore “al passo dei tempi”, come aveva già fatto Grillo con il Movimento 5 Stelle. Si tratta di un equilibrio troppo instabile per resistere. Bisogna vedere se la nuova strada di Renzi sconvolgerà anche il centrosinistra, ma il Partito Democratico pare avere una struttura diffusa troppo difficile da superare in breve tempo. Nei rapporti con le parti sociali e sui territori difficilmente Italia Viva potrà prendere davvero forza, sostituendosi con una tradizione radicata (per quanto in crisi).
L’Italia pare essere alla vigilia di un mutamento complessivo del quadro politico, ma per quante novità si susseguano è ancora difficile poter parlare di una situazione matura. La stabilità non è la vera condizione ricercata dal sistema economico del Paese (e del vecchio continente): basta l’affidabilità nel tutelare gli interessi di chi trae beneficio dall’attuale situazione. In questo lo scenario italiano è particolarmente rassicurante (e demoralizzante per chi cerca le strade per un’alternativa al sistema): il dibattito prosegue su corde emotive, tra l’anticoruzzione di maniera e la paura per i flussi migratori. Renzi ha guadagnato un riscatto, dopo la sconfitta referendaria, anticipando Zingaretti nell’auspicare l’attuale esecutivo. Se l’obiettivo è resistere con questa maggioranza fino all’elezione del Presidente della Repubblica (senza augurare a Conte di “stare sereno”) è comprensibile scegliere un soggetto politico autonomo, rispetto all’uso del Partito Democratico per fini elettorali (la strumentalità di Renzi rispetto alle organizzazioni collettive è sempre stata evidente). Forse l’unica area che davvero potrebbe registrare dei cambiamenti è quella a sinistra del PD, ma in effetti non è ancora chiaro se davvero esista…
Jacopo Vannucchi
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Alessandro Zabban
Italia Viva segna l’ennesimo fallimento nel tentativo di costruire un soggetto unitario della sinistra moderata, come era originalmente nelle intenzioni del PD. Se la direzione va a destra, c’è una scissione a sinistra, se la direzione va un po’ più verso sinistra, c’è una scissione a destra. La cosa incredibile è come si possano produrre così tante rotture all’interno di un partito fatto da esponenti che la pensano in maniera così simile, tutti allineati al neoliberismo atlantista ed europeista. Francamente si hanno difficoltà a trovare grosse differenze fra Renzi e Zingaretti dal punto di vista del contenuto politico, aumentando il sospetto che a determinare la rottura siano state più le motivazioni personali che non quelle politiche. Ma questo è un elemento relativamente poco significativo. Più interessante invece capire gli effetti politici della frattura, che restano comunque limitati. Sicuramente la nuova situazione crea problemi nel breve periodo al governo e non pochi imbarazzi ai 5 Stelle che ora si trovano a dover prendere decisioni politiche direttamente con Renzi che insultavano alla morte fino a qualche mese fa.
Ma lo scenario italiano globalmente non varia molto. Renzi si posizionerà al centro e proverà a pescare da quel bacino che era dei post-democristiani (Casini su tutti) e fra i moderati che votavano Berlusconi. Il PD resta lì dov’era (il centro-centro-sinistra contro il centro e basta di Renzi) e lo fa con un atto più simbolico che politico: l’entrata della Lorenzin nel partito toglie ogni dubbio sulle intenzioni di Zingaretti e soci. Tutta cambia per non cambiare mai niente.
Immagine da www.flickr.com
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.