Leggi qui il racconto della serata del Premio Gran Maestri del Cinema che, a Fiesole ha visto protagonisti Paolo Sorrentino ed Elena Sofia Ricci
Ecco l’Oscar per il miglior film straniero 2014: “La grande bellezza”. L’ultimo Oscar italiano. Un premio che nel 2013 pensavo fosse meritato. Quando uscì al cinema lo vidi ben due volte perché dopo qualche settimana dall’uscita Carlo Verdone, Paolo Sorrentino e Sabrina Ferilli vennero a Firenze a presentarlo al pubblico. Dapprima in una conferenza stampa alla libreria Feltrinelli di via dei Cerretani e poi al cinema Odeon. Naturalmente ero lì a prendere appunti. Prima della notte degli Oscar, però, ebbi modo di vedere un altro candidato: “Il sospetto” del danese Thomas Vinterberg. Francamente ritengo che quest’ultimo fosse più meritevole perché rasenta la perfezione. Tuttavia il film di Sorrentino è grande cinema. Anche se lo considero inferiore a opere come Il divo, L’uomo in più e soprattutto Le conseguenze dell’amore che, ancora oggi, ritengo sia il suo capolavoro.
Proiettato in lingua italiana con sottotitoli in inglese, la pellicola è quel qualcosa che Paolo Sorrentino ha inseguito per tutta la sua carriera. Ha uno stile ricercato, romanzato, girato con abilità, ma non è un film per tutti. Il titolo, ha rivelato il regista, è venuto fuori da un suo amico attore, Roberto De Francesco, che aveva nel cassetto un vecchio copione inutilizzato intitolato “La grande bellezza”. Sorrentino stava cercando il titolo del film e gli chiese di poterlo utilizzare perché suonava bene.
Alla stragrande maggioranza secondo me non è piaciuto perché la gente non vuole sentirsi dire che le feste a cui partecipa sono vuote (so ciò che dico perché l’ho sperimentato). È la verità ma, come dice Sorrentino, questa tende ad annoiare. Ecco che un suo pensiero gli si ritorce contro come un boomerang. È ricco di umorismo sottile, di metafore (a volte insistite) e di un continuo ping-pong tra reale e onirico, tra falsità e verità. Sorrentino ha raccontato di essere ispirato a un personaggio reale (un architetto che conosce) che lui ha chiamato Jep Gambardella, il re dei mondani.
Come il regista, anche lui è napoletano trapiantato a Roma e ricerca la purezza e la bellezza in un contesto decadente. Questo signore, interpretato da un Toni Servillo in grandissima forma e piuttosto a suo agio, ha lasciato che il vuoto e la mediocrità del pettegolezzo prendessero il sopravvento nella sua vita mondana. Stanco di assistere ai soliti “trenini che non vanno da nessuna parte”, sente il desiderio a 65 anni di smetterla di fare le cose che non gli va più di fare. La sua ricerca di bellezza però sbatte molto spesso sul grande vuoto che si trova di fronte a più riprese. Tuttavia non è un film su Roma, ma un’opera molto più sfaccettata.
Ricordo che Carlo Verdone e Sabrina Ferilli espressero grande ammirazione per il ritratto della loro città: infatti, secondo la loro opinione, i più bei affreschi di Roma sono stati fatti da registi e scrittori non nati nella Capitale.
Nonostante “La grande bellezza” sia in debito verso il cinema di Fellini (“La dolce vita” in particolare), Verdone sottolineò la differenza tra il maestro riminese e Sorrentino: il primo raffigurò con sguardo disincantato la Capitale in pieno boom economico attraverso le peripezie del giornalista Mastroianni, mentre oggi Paolo, napoletano, ha scelto Roma, in tempo di crisi, per farci un feroce ritratto dell’Italia contemporanea attraverso uno scrittore di 65 anni di nome Jep Gambardella.
Napoletano di nascita, ma infaticabile stantuffo della mondanità romana, Jep si erge a paladino delle feste con il potere di farle fallire in caso di sua assenza. In “American Beauty”, c’era così tanta bellezza che non si riusciva ad accettarla. Anche Sorrentino la pensa così. Jep vuole ritrovare l’essenza della grande bellezza dell’uomo e del mondo. Quella nascosta sotto il tappeto o semplicemente quella che non vogliamo mostrare.
L’inizio è magnifico. Dopo aver fatto una raffinata carrellata partendo dal Gianicolo, si passa al degrado dell’alta società: una ex soubrette in disfacimento (Serena Grandi), il cardinale che parla di cucina (ricordate la prima domanda del critico?), la spogliarellista depressa della Ferilli, l’illusionista delle giraffe, la santa incartapecorita di 104 anni (Giusy Merli presente a Fiesole in mezzo al pubblico), il fallito di Verdone, il mago del botox, attricette oche, l’erotomane che produce giocattoli, scrittrici di partito con carriera televisiva, la caporedattrice nana (simile al Percy del “Parnassus” di Terry Gilliam).
Tutti questi sono visti dall’alto da Jep che,con la acutezza, li seduce e se li “mangia” tutti perché “dopo aver compiuto 65 anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare.” La contraddizione di cui Jep è portabandiera, come i trenini delle sue feste, non porta da nessuna parte perché “sull’orlo della disperazione, non resta che farci compagnia, prenderci un po’ in giro.” Come Woody Allen,
Sorrentino brilla per cinismo e ironia (coadiuvato da una splendida fotografia di Luca Bigazzi): in questo affresco si alternano e si uniscono realtà e finzione, bellezza e degrado,intelligenza e ignoranza,mondanità e solitudine. Viene solo da chiedersi dove sia la grande bellezza. Forse,come dice Jep, è ”tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura“. O se preferite sotto il bla bla bla. Alla fine ha ragione Sorrentino: meglio parlare di fatti che parlare a vuoto di gossip, ricette di cucina o di calcio non giocato.
LA GRANDE BELLEZZA
(Italia 2013)
Regia: Paolo Sorrentino
Cast: Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Giusy Merli, Isabella Ferrari, Carlo Buccirosso, Pamela Villoresi, Luca Marinelli, Roberto Herlizka, Dario Cantarelli
Fotografia: Luca Bigazzi
Sceneggiatura: Paolo Sorrentino e Umberto Contarello
Produzione: Indigo Film
Distribuzione: Medusa
Vincitore nel 2014 del Premio Oscar come Miglior Film Straniero
Versione cinematografica: 2 ore e 22 minuti
Versione integrale: 2 ore e 52 minuti
Trailer qui
Frase celebre: È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura… Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile
Regia **** Sceneggiatura **** Interpretazioni ***1/2 Fotografia ***** Musiche ***1/2 Film ****
Per leggere la recensione di un altro film di Paolo Sorrentino, Loro, clicca qui e qui.
Immagine di copertina di Tommaso Alvisi
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.