Il Giappone non escluderà alcuna opzione nel rafforzamento delle proprie capacità di difesa. Questo il cuore dell’intervento del premier Kishida alla cerimonia di rilascio degli attestati dell’Accademia Nazionale di Difesa tenutasi lo scorso 27 marzo. Oltre ad aver citato la questione ucraina, il capo dell’Esecutivo ha ribadito la posizione giapponese nei confronti della Cina: “un cambio unilaterale dello status quo nell’area indo-pacifica realizzato mediante la forza non sarà tollerato”.
Purtuttavia, accompagnando, il 26 marzo, in una visita ufficiale a Hiroshima l’ambasciatore statunitense, Rahm Emanuel, il premier ha sottolineato l’impegno – almeno verbale dato che il Sol Levante non ha firmato il trattato ONU per il bando totale delle armi atomiche – del proprio Paese verso “un mondo libero dalle armi nucleari”.
Proprio nella settimana appena conclusa, sono state aperte al pubblico le rovine di un sito prossimo all’ipocentro ove esplose l’ordigno lanciato dagli Stati Uniti. Si tratta di un’area, quella di Nakajima, abitata all’epoca dei fatti da circa 4.400 persone.
Un nuovo invito al presidente Biden a visitare Nagasaki è stato rivolto, mercoledì scorso, dal sindaco della città Tomihisa Taue.
Nonostante Kishida abbia smentito, la scorsa settimana, Shinzo Abe, affermando che il Giappone non ha intenzione di chiedere agli Stati Uniti una condivisione, sul proprio territorio, dell’arsenale nucleare di quel Paese, il 30 marzo l’ex premier – durante una riunione a Washington cui ha partecipato anche il premier di Singapore Lee Hsien Loong – ha ribadito quanto affermato in Malesia due settimane fa. Il Giappone “dovrebbe considerare” questa opzione, ha affermato Abe secondo quanto riportato dal politico singaporiano il quale ha aggiunto che “il governo giapponese ha detto di no, ma l’idea è stata instillata e non scomparirà”.
“Non può esistere alcun dibattito sulla condivisione nucleare” ha affermato la segretaria del Partito Costituzionale Democratico Nishimura a margine del commento sulle questioni di cui si è discusso all’ultimo G7.
Il 31 marzo, il Presidente del Partito Comunista, Kazuo Shii, è tornato a parlare delle questioni concernenti la sicurezza nazionale criticando il mantenimento, da parte del Governo, dell’ambigua formula del “diritto all’autodifesa collettiva” che consentirebbe, in violazione comunque del nono articolo della Carta, al Giappone di intervenire – ovviamente a fianco degli USA – anche in un conflitto che non lo vedesse come Paese aggredito.
“Non stiamo affatto discutendo di come proteggere il Giappone. Stiamo discutendo della possibilità che le Forze di Autodifesa attacchino all’estero insieme agli Stati Uniti” ha affermato il numero uno del PCG.
Tra le questioni sollevate nell’ultima settimana dai comunisti vi sono anche quelle inerenti la sicurezza economica, materia della quale si occupa un disegno di legge di iniziativa governativa depositato presso la Camera dei Rappresentanti. Audito in qualità di esperto, dal parlamentare Shiokawa, il professor Satoshi Ihara dell’Università del Tohoku ha messo in guardia circa il fatto che il disegno di legge finirà per promuovere la ricerca in ambito bellico.
Frattanto, 72 dei 479 diplomati all’Accademia delle Forze di Autodifesa hanno poi rifiutato di entrare nell’esercito. Si tratta del secondo più alto numero. Lo scorso anno furono 44 a diplomarsi senza poi far ingresso nelle forze armate.
Sempre in ambito militare, il 28 marzo, ha debuttato ufficialmente la nuova unità delle Forze di Terra delle FA destinata alla guerra elettronica ed elettromagnetica. All’unità sono stati assegnati 180 uomini e la sua sede operativa principale sarà Camp Asaka.
Nei rapporti con la Federazione Russa, l’Esecutivo ha approvato, martedì scorso, il divieto all’esportazione di auto di lusso verso il Paese vicino: una mossa che ricorda tanto quella barzelletta che vede l’uomo tradito dalla moglie tagliare i propri attributi virili per farle dispetto.
Giovedì, nella prima bozza resa pubblica del rapporto annuale sulla politica estera, le Curili meridionali (chiamate in Giappone “Territori del Nord”) saranno nuovamente definite come “territorio illegalmente occupato” dalla Russia. La deputata comunista Motomura, in settimana, aveva rimproverato i liberal-democratici per aver tenuto sulla vicenda una linea morbida verso la Russia utilizzando come arma di dialogo la cooperazione economica.
Venerdì è invece volato in Polonia il ministro degli Esteri Hayashi al fine di coordinare l’invio nell’Arcipelago di cittadini giapponesi che hanno lasciato l’Ucraina e di discutere circa l’eventuale accoglimento in Giappone di altri profughi ucraini. Hayashi rimpiazza nella missione il ministro della Giustizia Furukawa che dovrà rimanere in Giappone perché venuto a contatto con un positivo al SARS-CoV-2.
A partire da giovedì, accogliendo una richiesta ucraina che data al 2018, la traslitterazione ufficiale della capitale di quello Stato sarà “Kiiu” e non “Kiefu”; ed in inglese “Kyiv” e non più “Kiev”.
Nella relazioni con la Repubblica di Corea, il Presidente eletto di quel Paese, Yoon Suk-yeol, ha affermato, il 31 marzo, che i nipponici continuano a presentare testi scolastici di storia che presentano numerosi distorsioni. La dichiarazione è stata resa dalla portavoce di Yoon, Kim Eun-hye, la quale ha così risposto alle critiche del Partito Democratico della RdC che ha accusato il neoeletto Presidente di non aver condannato espressioni presenti nei libri scolastici dei vicini quali “coscrizione” o “mobilitazione” (al posto della più opportuna “mobilitazione forzata”) in riferimento allo sfruttamento dei lavoratori coreani durante l’occupazione coloniale della Penisola. “Il presidente eletto Yoon Suk-yeol ha ripetutamente affermato, sin da quando era candidato, che sebbene desideri sviluppare una relazione tra Corea del Sud e Giappone, essa debba basarsi su una corretta percezione della storia e su un profondo rimorso [da parte giapponese ndr] per il passato” e che quindi “continuerà a rispondere con fermezza a qualsiasi distorsione storica”.
Nella medesima occasione, la portavoce ha bloccato, almeno per il momento, le proposte di esercitazioni militari trilaterali che coinvolgano, oltre alla RdC, anche Stati Uniti e Giappone. “Le esercitazioni sono una questione totalmente differente rispetto alla cooperazione” ha affermato Kim.
Lo stesso giorno il Portavoce del Ministero degli Esteri di Seul, Choi Young-sam, ha ribadito che “gli Stati Uniti sono il nostro unico alleato militare” e che “la posizione del governo rimane immutata” e che quindi “la cooperazione militare tra la Corea del Sud ed il Giappone deve essere preceduta dal ristabilimento della fiducia bilaterale del consenso dei cittadini sulla materia” pur condividendo “l’importanza della cooperazione in materia di sicurezza” tra le tre nazioni per “rispondere alle minacce missilistiche e nucleari della Corea del Nord”.
A Tokyo, le accuse di distorsione dei fatti storici inerenti l’occupazione coloniale della Corea sono state rigettate totalmente dal portavoce dell’Esecutivo Matsuno.
Per i rapporti con il Nord della Penisola, venerdì l’Esecutivo ha deciso di congelare i beni di nove cittadini russi e di quattro persone giuridiche accusando un loro coinvolgimento nello sviluppo del piano missilistico nordcoreano. La mossa è ufficialmente una risposta agli ultimi test effettuati dalla RPDC anche se appare come una via alternativa per sanzionare ulteriormente la Russia.
Per quanto concerne l’emergenza Coronavirus, la Prefettura Metropolitana di Tokyo, area nella quale si sono registrati il maggior numero di casi, ha segnalato, 7.844 contagi domenica 27 marzo, 4.544 lunedì, 7.846 martedì, 9.520 mercoledì (ben 53.753 i casi nazionali), 8.226 giovedì, 7.982 venerdì, 7.395 sabato. In chiusura di settimana, la capitale aveva 1.802 posti letto Covid occupati sui 7.229 disponili (il 24,9%) ed 86 su 804 (il 10,7%) nei reparti per pazienti in gravi condizioni. Tokyo ha registrato da inizio emergenza 1.266.028 casi di contagio accertati e 4.182 decessi.
Il primo aprile si è, invece, avuto la notizia della positività della ministra alle Pari Opportunità ed Infanzia Seiko Noda: si tratta del primo caso all’interno del Governo.
Sugli arrivi dall’estero, a partire dal 10 aprile il tetto giornaliero sarà innalzato dagli attuali 7.000 a 10.000.
Contestualmente è stato abbassato – dal livello 3 al livello 2 che non sconsiglia ai cittadini giapponesi di effettuarvi viaggi – lo stato di allerta per ben 106 nazioni. Al livello 3 rimangono 56 nazioni. “Anche se la situazione varia a seconda delle nazioni ed aree, il numero di nuove infezioni e di morti da COVID-19 è in discesa a livello globale e quindi il rischio di morire o sviluppare sintomi gravi si è ridotto in virtù dei progressi nelle vaccinazioni” ha detto il ministro Hayashi motivando la scelta.
Frattanto, in parlamento è in discussione una modifica della legge sul processo di approvazione di farmaci e macchinari medicali che dovrebbe consentire al Ministero della Salute procedure molto più veloci nel dare disco verde a un prodotto. Intervenendo nella plenaria della Camera dei Rappresentanti del 31 marzo, Toru Miyamoto del Partito Comunista Giapponese ha espresso la contrarietà del proprio partito alla proposta ricordando il recente fiasco, medico ed economico, dell’Avigan, farmaco antivirale sulla cui efficacia contro il SARS-CoV-2 aveva largamente creduto l’ex premier Shinzo Abe.
Sulla questione, un testo di legge alternativo è stato presentato dal Partito Costituzionale Democratico. Il cuore della proposta del PCD sta nel fatto che un farmaco ritenuto promettente o già in uso in altre nazioni possa essere inserito dal Governo nell’ambito di un processo di approvazione anche senza richiesta da parte dell’azienda produttrice.
Sempre in Camera dei Rappresentanti, il Partito Costituzionale Democratico ha depositato una proposta di legge volta ad istituire una sorta di “medico di famiglia”. La creazione di questa figura, per adesso limitata al COVID-19, mira ad evitare i decessi o l’aggravamento della condizione clinica delle persone che hanno contratto il virus ma non sono state accolte negli ospedali.
Il primo aprile, finalmente, l’Esecutivo ha cominciato a distribuire quasi 71 milioni di quelle che passeranno alla storia come le “mascherine di Abe”. Si tratta complessivamente di 80 milioni di mascherine che furono ordinate dal governo Abe ad inizio pandemia ma che non vennero mai distribuite. Il costo delle operazioni di consegna è stimato in 350 milioni di yen mentre 140 milioni sono stati spesi per un servizio di assistenza telefonica che ha avuto il compito di raccogliere le richieste di cittadini ed associazioni.
1.700.000 mascherine saranno distrutte perché risultate difettose e le restanti 5.600.000 rimarranno nella disponibilità delle autorità di protezione civile.
Nelle infrastrutture, il 2 aprile e quindi a due settimane dal sisma che ha colpito il Tohoku, le Ferrovie del Giappone Orientale hanno riattivato la circolazione dei treni a levitazione magnetica tra Koriyama e Fukushima anche se i mezzi viaggeranno a 160 chilometri orari: la metà della velocità usuale.
In politica interna, il premier ha dichiarato, intervenendo in parlamento lo scorso 28 marzo, che l’Esecutivo, nonostante la fresca approvazione della finanziaria per l’anno fiscale 2022, presenterà – entro fine aprile – un bilancio suppletivo volto ad affrontare le ricadute economiche prodotte dall’aumento dei prezzi di greggio ed alimenti. “Dobbiamo compiere con rapidità dei passi che assicurino la ripresa dalla pandemia dell’economia e delle attività sociali nonché rispondere all’impatto della crescita del prezzo del greggio e di altri prodotti a causa della situazione in Ucraina” ha affermato Kishida sostenendo che il Paese “sta entrando in una fase decisiva della rivitalizzazione dell’economia”.
Martedì il premier ha dato mandato ai vari ministri di compilare, ognuno per il proprio settore di competenza, la “lista della spesa” del nuovo bilancio che potrebbe aggirarsi intorno ai 1.000 miliardi di yen.
Su due questioni inerenti il bilancio ha chiesto chiarezza, il 28 marzo, il deputato del PCD Yukihito Koga. Tra i vari temi sollevati dal parlamentare vi è la richiesta di una maggiore trasparenza sui 1.360 miliardi di yen allocati in fondi pubblici-privati nonché lo stop al piano di ristrutturazione avviato da Japan Tobacco, colosso della manifattura tabacchi e partecipato dallo Stato.
Pur nell’emergenza – aggravata dalla dipendenza da fonti di energia collocate all’estero e dal drammatico deprezzamento dello yen giunto, il 28 marzo, a quota 125 sul dollaro – la maggioranza non ha ancora archiviato la mancia, da erogare ai pensionati in prossimità delle elezioni per il rinnovo della Camera dei Consiglieri, da 5.000 yen.
Nell’agricoltura, dati governativi resi noti a inizio settimana hanno mostrato come i fondi destinati ad i sussidi ed approvati, a partire dal 2016, per attenuare gli effetti sui coltivatori nipponici dell’apertura dei mercati in conseguenza del CPTPP (l’accordo di libero commercio per l’area del Pacifico) sono stati ampiamente sottoutilizzati. Per supportare agricoltura, pesca e settore forestale, tra il 2015 ed il 2021, le finanziarie hanno destinato complessivamente 2.000 miliardi di yen suddivisi in vari fondi.
Per quanto concerne, ad esempio, il fondo destinato all’acquisto di macchinari, dei 270,5 miliardi allocati soltanto 94,4 sono stati spesi. Sono invece 63,5 i miliardi non utilizzati dal fondo destinato a coprire parzialmente i costi di noleggio delle barche.
Il primo aprile si è intanto tenuta un’iniziativa promossa da associazioni volta a raccogliere firme per la riduzione al 5% della tassa sui consumi. “Ottantuno Paesi del mondo stanno riducendo l’imposta sui consumi. Se si vogliono politiche di redistribuzione, la via più veloce è abbassare al 5% l’imposta sui consumi” ha dichiarato Yoshiro Ota, Presidente della Federazione Nazionale delle Associazioni di Industria e Commercio.
Il medesimo giorno, il comitato del PCG che si occupa di costo della vita ha ribadito la proposta di abbassare la tassa nonché di intervenire sulle pensioni e sulle spese mediche per gli anziani (la cui quota di compartecipazione alle stesse è stata quasi raddoppiata per buona parte dei nuclei familiari).
Non passa, intanto, settimana senza che un qualche scandalo coinvolga politici conservatori. Lo scorso 29 marzo, Kiyohiko Toyama, ex deputato (si è dimesso a febbraio) del Nuovo Komeito, è stato condannato dalla Corte Distrettuale di Tokyo a due anni di reclusione (con pena sospesa per tre) e ad una multa da un milione di yen per aver operato come mediatore finanziario senza esservi autorizzato. L’ex deputato ha lavorato per diverse imprese aiutandole nel processo di richiesta dei prestiti pubblici erogati dal governo nel 2020 e nel 2021 per attenuare gli effetti economici della pandemia.
Rimanendo nello stesso tribunale, il medesimo giorno la Corte Distrettuale ha condannato l’ex numero uno dell’Università Nihon, Hidetoshi Tanaka, ad un anno di carcere (pena sospesa) ed al pagamento di una sanzione pari a 13 milioni di yen. Tanaka è stato riconosciuto colpevole di aver evaso, tra il 2018 ed il 2020, 52 milioni di yen di tasse non dichiarando 118 milioni ricevuti da altri due membri del consiglio direttivo dell’ateneo (Tadao Inoguchi e Masami Yabumoto), anch’essi inquisiti con l’accusa di aver prodotto un danno alle casse dell’università per 420 milioni nell’ambito di un progetto di ricostruzione di un ospedale di proprietà della stessa.
Mercoledì è, intanto, entrata in vigore la norma che istituisce, all’interno dell’Agenzia Nazionale di Polizia, un nuovo ufficio incaricato di investigare sui crimini informatici. L’ufficio avrà un organico di 200 uomini. Nel 2021 i crimini informatici denunciati sono stati oltre 10.000.
In campo demografico, gli ultimi dati sugli stranieri residenti in Giappone nel 2021 hanno registrato un -4,4% rispetto al 2020. Gli studenti ed i tirocinanti sono diminuiti del 27% mentre i residenti permanenti sono cresciuti del 2,9%.
In termini assoluti, gli stranieri che abitavano nel Sol Levante erano stati 2.760.635 (831.157 i residenti con permesso permanente). Per nazionalità, a maggiore nazionalità presente è stata quella cinese (716.606 persone) seguita da quella vietnamita (432.934). Il maggior numero di stranieri ha abitato nella Prefettura di Tokyo (oltre 531.000 persone).
Diminuiti – in termini assoluti di 1.328 rispetto al 2020 per complessivi 4.122 – gli ordini di espulsione.
Un’importante novità legale e sociale è, intanto, scattata il primo aprile. A partire da questa data, infatti, la maggiore età è scesa da 20 a 18 anni. Con la nuova norma, il numero di maggiorenni aumenti di due milioni. L’età precedentemente in vigore era stata stabilita nel 1876.
Tra le modifiche entrate in vigore ad inizio mese vi è anche l’età legale per il matrimonio che viene parificata per uomini e donne a 18 anni mentre in precedenza l’età legale per le donne era di 16.
Rimasta, invece, a vent’anni l’età minima per poter richiedere un’adozione.
Ad Osaka, si è tenuta lo scorso 26 marzo una riunione del Partito Costituzionale Democratico della Prefettura con la partecipazione del presidente nazionale Kenta Izumi. Nel corso della riunione si è ribadita l’opposizione del partito alla costruzione di un casinò che utilizzerebbe, per altro, anche fondi pubblici.
Alcuni giorni dopo l’assemblea della Prefettura, la cui maggioranza è detenuta da parlamentari di Nippon Ishin no Kai, ha approvato il piano per la realizzazione del casinò e le spese inerenti la sistemazione dei suoli ove sorgerà (una sorta di isola artificiale) pari, almeno per il momento, a 78,8 miliardi di yen.
Entro il 28 aprile, anche la Prefettura di Nagasaki intende sottoporre al Governo la richiesta di autorizzazione di un progetto di un casinò da costruirsi a Sasebo. Anche qui, come ad Osaka, è nato un comitato di opposizione che ha sottolineato i pericoli di crescita di ludopatie.
In campo culturale, sabato scorso, è stata aperta una mostra, rimandata per ben dieci mesi, nella quale è presente una statua dedicata al fenomeno delle “comfort women”, le schiave sessuali dell’esercito coloniale nipponico. La mostra, originariamente aperta a Nagoya nell’agosto 2019, ha subito varie chiusure a causa delle minacce all’ordine pubblico avanzate da gruppi neofascisti.
In economia, svariate aziende nipponiche del settore dell’energia stanno cercando di comprendere come affrontare un eventuale, e per ora escluso, stop alle importazioni di gas e petrolio russo. Hiroshima Gas, ad esempio, sta ragionando di un aumento delle importazioni dalla Malesia, mentre Osaka Gas guarda a Stati Uniti ed Australia.
Un altro dei problemi sorti è quello connesso all’obbligo, posto dal Cremlino per le esportazioni verso Paesi che hanno mostrato ostilità verso la Russia, di pagare in rubli i prodotti energetici: mossa che costringe queste aziende a procurarseli negoziando sulla Borsa di Mosca o riallacciando relazioni con le banche russe sanzionate dal Giappone.
Il Sol Levante importa dalla Russia il 3,6% del greggio e l’8,8% del gas (e gran parte di quest’ultimo passa per un sistema di liquefazione, il Sakhalin 2, partecipato al 50% da Gazprom e, ripetitivamente per il 12,5 ed il 10%, dalle nipponiche Mitsui e Mitsubishi aziende giapponesi). Tra le aziende che importano gas russo le più esposte sono Hiroshima Gas (che acquista dalla Federazione la metà dei volumi di prodotto gestiti) e Tokyo Gas (dipendente dalla Russia per circa il 10%).
A fronte delle difficoltà reali del settore, il premier, intervenendo in parlamento giovedì scorso, ha affermato che il Giappone non uscirà dal progetto Sakhalin 2. “Questo è un progetto di estrema importanza per la nostra sicurezza energetica in quanto assicura forniture stabili ed a lungo termine di gas liquefatto ad un prezzo ragionevole. Non abbiamo intenzione di abbandonarlo” ha detto Kishida.
Giovedì, intanto, il Ministero dell’Economia ha stilato una lista di sette prodotti da considerare come strategici. Oltre al greggio vi sono il carbone (quello usato per la produzione di energia elettrica e quello, di qualità diversa, destinato alla produzione di acciaio), il neon, il palladio (le cui esigenze nipponiche sono coperte al 43% da importazioni dalla Russia) e le ferroleghe. La mossa è la prima presa dal tavolo operativo sulle risorse strategiche creato dal Governo ed è propedeutica a regolare e restringere la riesportazione o a centralizzarne le importazioni, nonché a politiche di risparmio e diversificazione delle forniture.
Sul fronte lavoro, il tasso di disoccupazione di febbraio è sceso dello 0,1 rispetto al mese precedente fermandosi a quota 2,7%. Cresciuta, anche se di pochissimo la disponibilità di posti di lavoro: 1,21 (il che significa che per ogni 100 persone che cercano lavoro vi sono disponibili 121 posti. A gennaio l’indice era stato di 1,20).
In termini assoluti, il numero di disoccupati è sceso di 30.000 unità per complessive 1.880.000 persone. Di queste 450.000 sono persone che per la prima volta cercano lavoro (-40.000 rispetto a gennaio), 740.000 si sono dimessi (+30.000) e 600.000 (+10.000) sono stati licenziati o il loro contratto non è stato rinnovato. Per singoli settori, paragonando febbraio di quest’anno a quello del 2021, quello delle vendite ha perso 460.000 addetti toccando quota 10.540.000 mentre il settore dell’istruzione ha perso 200.000 lavoratori (ne sono rimasti 3,7 milioni).
Rimasta, a febbraio, pressoché stabile la produzione industriale. Rispetto al mese di gennaio, la produzione è calata dello 0,1% rispetto a gennaio. Dopo il -17,3% di gennaio, ulteriormente calata (questa volta del 10,9%) la produzione di auto e del 9,6% quella di prodotti chimici (compresi detersi e cosmetici) mentre la la componentistica per i settori aereo e ferroviario ha registrato un +7,9%.
Nel commercio estero, nonostante le enormi aperture nipponiche a un abbassamento dei dazi sui prodotti alimentari statunitensi, il dicastero competente degli USA giovedì scorso ha nuovamente invitato il Sol Levante ad abbassare le imposte sulle importazioni di alcuni prodotti nordamericani tra cui, principalmente, riso e latticini (ma nella lista stilata da Washington figurano anche succhi di frutta, zucchero, cioccolato, alimenti per animali ecc.).
L’Ufficio del Rappresentante al Commercio, nonostante il trattato commerciale bilaterale del 2020 abbia ridotto i dazi su circa il 90% delle categorie merceologiche alimentari esportate dagli USA, continua, infatti, a lamentare che “ci sono diversi importanti prodotti per i quali i dazi rimangono alti limitando l’accesso al mercato da parte degli Stati Uniti”.
Il Giappone è per gli USA il quarto mercato di esportazione di alimenti per un valore che, nel 2021, è giunto a 14,3 miliardi di dollari.
Chiudendo con l’auto, stando ai dati diffusi dall’associazione datoriale, le vendite di nuovi veicoli effettuate lo scorso anno hanno segnato, per il terzo anno di fila, un calo. Nel 2021 sono state vendute all’interno dell’Arcipelago 4.215.826 macchine di prima immatricolazione: il 9,5% in meno del 2020. Tra le aziende, Mazda ha subito il calo percentuale più forte registrando un -15,4%; Subaru -14,2%, Toyota -9,7% (per complessive 1.313.913 vetture); Honda -3,4% e Nissan -1,1%.
Calate, dell’11,5%, anche le vendite di veicoli di piccola cilindrata (cioè sotto i 660 cc): 1.554.971 in numeri assoluti. In quest’ultima categoria, le due maggiori aziende, Daihatsu (gruppo Toyota) e Suzuki, hanno registrato, rispettivamente, un -7,8% (poco più di 506.000 mezzi) e un -12,8% (470.498).
(con informazioni di mofa.go.kr; tass.com; yna.co.kr; jama.or.jp; jcp.or.jp; cdp-japan.jp; mainichi.jp; asahi.com)
Immagine: Japan Maritime Self-Defense Force (dettaglio) da Wikimedia Commons
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