Il 2019 è iniziato con il botto grazie a due importanti avvenimenti legati all’esplorazione spaziale.
Così vicino, così lontano. Così potremmo intitolare questo gennaio astronomico! Siamo solo nella prima decina dell’anno e già il 2019 promette scintille per quanto riguarda l’esplorazione dello spazio. Da un lato, in quello “vicino”, abbiamo assistito al primo storico allunaggio sul lato oscuro della Luna, mentre dall’altro, in quello “lontano”, abbiamo raggiunto per la prima volta con una sonda il confine del Sistema Solare.
Partiamo da Ultima Thule1 e dalla sonda New Horizons2: ci troviamo nella fascia più esterna del Sistema Solare, a circa sette miliardi di chilometri dal Sole, ben oltre Nettuno, l’ultimo pianeta del Sistema. Per renderci conto meglio delle distanze in gioco, meglio utilizzare l’Unità Astronomica, cioè la distanza media tra Sole e Terra (149.600.000 km) come riferimento: Ultima Thule, ad esempio, si trova a circa 46 UA dal Sole, mentre Nettuno a 30 UA e Giove a 5.5 UA. L’oggetto conosciuto più lontano dal Sole, ancora classificabile come parte del Sistema Solare, è Farout3, un pianeta nano che orbita a circa 120 UA dalla nostra stella.
In questa fascia, chiamata zona trans-nettuniana, si trovano molti oggetti, ancora attratti dalla gravità solare, che orbitano intorno alla nostra stella con tempi di rivoluzione di 200-300 anni. La sonda New Horizons, partita nel 2006, ha come obiettivo proprio lo studio di questi corpi celesti così lontani. Dopo il lancio New Horizons ha sorvolato Plutone nel 2015 per poi dirigersi verso il bordo esterno del Sistema Solare e, proprio il primo gennaio, ha incrociato l’orbita di Ultima Thule a bassa quota (3500 km), compiendo cioè un fly-by, per la precisione il fly-by ravvicinato del corpo celeste più lontano mai esplorato! La sonda, che ha incrociato anche Giove nel 2007, continuerà il suo viaggio ancora più lontano nei prossimi anni, con lo scopo di esplorare le estremità più lontane e remote del Sistema Solare.
Chiaramente la domanda che ci poniamo sempre in questi casi è perché dovremmo essere così interessati da un qualcosa posto a miliardi di chilometri da noi, che probabilmente non raggiungeremo mai e che può solo sembrare un capriccio per scienziati? La risposta rimane sempre la stessa: la scienza, l’astronomia e l’astrofisica in questo caso, non dovrebbe essere solo applicata e applicabile all’istante, anzi dovrebbe essere in grado di stimolare curiosità e indagare tra le mille domande ancora irrisolte. Aver raggiunto con un oggetto artificiale i confini esterni del nostro Sistema Solare vuol dire aver raggiunto uno di quei limiti che, solo pochi decenni fa, sembravano impensabili. Studiare Ultima Thule non serve certamente a risolvere i problemi quotidiani odierni, ma ci può aiutare a comprendere le origini dell’Universo e le leggi fisiche che lo governano. E per citare Kennedy “Abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili”.
Ultima Thule (in copertina) è un oggetto molto strano per come ci immaginiamo i corpi celesti: è un sistema binario di due mini pianeti sferici (diametro circa 15-30 km) collegati in seguito a una collisione a bassa velocità avvenuta circa quando il Sistema Solare aveva un centesimo della sua età attuale. Anche per questo motivo Jeff Moore, un membro del team della missione afferma che “New Horizons è come una macchina del tempo, che ci riporta alla nascita del Sistema Solare. Stiamo osservando una rappresentazione fisica dell’inizio della formazione planetaria, congelata nel tempo”.
Lasciamo per adesso le remote regioni ai bordi del Sistema Solare per trasferirci molto più vicino a noi: sulla Luna. Per quanto si conosca praticamente tutto del nostro satellite naturale, tutto ciò è legato alla faccia perennemente esposta verso di noi, pochissimo sappiamo sull’altra. Missioni di esplorazione e di allunaggio hanno riguardato solo la faccia vicina della Luna, tralasciando completamente quella lontana, molto più complicata da raggiungere.Il 4 gennaio però questo tabù è caduto: la sonda cinese Chang’e-4 è allunata sulla faccia nascosta ed ha iniziato la sua missione di esplorazione4.
Qualche dovuta premessa è necessaria: prima di tutto le facce della Luna, che comunemente chiamiamo visibile e oscura, dovrebbero essere più correttamente chiamate vicina e lontana (nearside/farside) perché entrambe sono illuminate dal Sole e hanno un loro giorno e una loro notte. La differenza sta semmai nel fatto che la faccia lontana è perennemente coperta dal nostro punto di vista, rendendo impossibile stabilire una connessione radio diretta tra la Terra e questa parte della Luna. Ecco perché allunare sulla faccia vicina è molto più semplice e fattibile!
E allora perché questa missione? Be’, prima di tutto la voglia di primeggiare che non manca mai nella competizione tecnico-scientifica, poi la necessità di studiare le probabili differenze tra le due facce della Luna in termini di schermatura dalle radiofrequenze, dal vento solare e da altri fenomeni che potrebbero incidere pesantemente sull’utilizzo del satellite come punto di appoggio per le comunicazioni interspaziali con satelliti artificiali e sonde.
Infine, il team cinese, spedendo con la sonda un mini-campionario di piante, erbe e fiori, sta provando a creare la prima mini-biosfera lunare. Insomma, concludendo, questa missione, che rappresenta un grande salto in avanti per il programma cinese e per la collaborazione spaziale internazionale, è parte integrante dell’ambizione di Pechino per l’esplorazione lunare e spaziale. Un’ambizione che prevede già altre missioni con ritorno di campioni lunari da studiare (Chang’e-5) e altri allunaggi.
Come si è capito nonostante l’anno sia appena iniziato, il 2019 sarà un anno cruciale per la ricerca astronomica, infatti ci sono già altri importantissimi eventi in programma: il 17 gennaio per esempio verrà lanciato, senza equipaggio, il Crew Dragon di SpaceX5, la prima navetta spaziale privata con destinazione Stazione Spaziale Internazionale (ISS); il 30 sarà la seconda missione lunare indiana a partire, a febbraio la sonda Juno6 effettuerà il primo dei suoi fly-by di Giove, a marzo toccherà a Boeing testare il suo taxi spaziale7 per la ISS e al vettore per lo spazio profondo di SpaceX (Falcon Heavy, quello che portò nello spazio una Tesla Roadster). Senza contare le sonde in orbita o in direzione del Sole, di Venere e la missione cinese sulla Luna di cui parlavo sopra.
Last, but not least nella parte finale dell’anno SpaceX condurrà test su Starship, la capsula che dovrebbe essere posta in testa al razzo, ancora in progettazione, che potrebbe un giorno portarci su Marte. Perché è proprio lo spirito del superamento del limite a guidare l’esplorazione spaziale! Insomma, l’anno è iniziato con il botto, ma il resto non sarà certamente da meno!
1 https://it.wikipedia.org/wiki/(486958)_2014_MU69
2 https://www.nasa.gov/mission_pages/newhorizons/main/index.html
3 https://notiziescientifiche.it/individuato-farout-il-piu-distante-oggetto-del-sistema-solare-e-lontano-17-miliardi-di-km/
4 https://www.bbc.com/news/science-environment-46760729
5 https://www.space.com/42916-spacex-first-crew-dragon-spaceship-launchpad.html
6 https://www.nasa.gov/mission_pages/juno/main/index.html
7 http://www.boeing.com/space/starliner/
Immagine NASA ripresa liberamente da commons.wikimedia.org
Sono nato nel 1984 vicino Firenze e ci sono cresciuto fino alla laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche nel 2009. Dopo il dottorato in Chimica, tra Ferrara e Montpellier, ho iniziato a lavorare al CNR di Firenze come assegnista di ricerca (logicamente precario). Oltre che di chimica e scienza, mi occupo di politica (sono consigliere comunale a Rignano sull’Arno), di musica e di sport. E si, amo Bertrand Russell!