La proposta di un’imposta progressiva sui grandi patrimoni (sopra i 500.000 euro) presentata da sinistra PD e Sinistra Italiana ha sollevato una generale opposizione parlamentare. Non soltanto da parte della destra («furto sui conti correnti», Meloni; «un crimine da arresto immediato», Salvini), ma anche nei partiti di maggioranza: «sarebbe folleۛ», Di Maio; «siamo contrari», Faraone; «non impegna il gruppo», Zingaretti.
Proprio nei giorni in cui il Censis certifica un ulteriore aggravarsi della disuguaglianza, la prospettiva di un più equo riequilibrio contributivo sembra dunque respinta con sgomento da quasi tutto l’arco parlamentare.
Leonardo Croatto
C’è, a mio avviso, un enorme errore di valutazione alla base di tutta la polemica relativa all’abortita tassa sui grandi patrimoni: contrariamente all’ingenuo racconto sulla parità di diritti, nelle democrazie liberali chi ha più soldi ha più agibilità politica, di conseguenza articola con più facilità quelli che sono i suoi diritti esigibili; chi sta peggio ha, invece, una scorta molto minore di diritti e tutti più difficilmente accessibili.
In quest’ottica, quindi, non dovrebbe stupire l’ostilita di stampa e politica contro ogni ipotesi di tassazione patrimoniale, nella misura in cui chi ha importanti risorse economiche ha anche un’ampia disponibilità di strumenti per difenderle, inclusa la contiguità dell’informazione e della politica.
Il differenziale nello sforzo messo dai gestori del senso comune a difesa delle classi abbienti è misurabile comparando le reazioni scomposte che si sono manifestate sui mezzi d’informazione al solo accenno di una possibile proposta di tassa patrimoniale rispetto al dibattito che periodicamente riprende sulla “flat tax”. La riduzione delle tasse per i ricchi è un argomento che non desta alcun clamore e viene affrontato come se avesse pieno diritto di cittadinanza in un paese democratico; all’opposto, la proposta di tassare anche solo marginalmente i grandi patrimoni mette in azione a piena piena potenza tutta la macchina di costruzione del consenso, orientata a scongiurare ogni assalto al capitale proprio e dei propri sodali.
Non sfuggirà, a conferma di questo ragionamento, che, mentre si soffocava sul nascere ogni possibile dibattito sull’utilità sociale di un trascurabilissmo aumento della tassazione sulla proprietà, una serie di orientatori d’opinione di professione (Giannini, Merlino, Boeri e altri figuri della stessa risma) hanno lanciato, con tempismo sospetto, la proposta di tagliare del 20% i salari dei dipendenti pubblici, secondo il principio dell’equiparazione al ribasso dei diritti di cui dispongono le classi lavoratrici.
Anche in questo caso, l’incredibile differenza nelle proporzioni delle due proposte (il 20% dello stipendio mensile contro il 2% per patrimoni sopra i 50 milioni) misura la forza dei due schieramenti in campo.
Piergiorgio Desantis
Si è affacciato nel dibattito politico italiano la proposta di introdurre una tassa sui patrimoni al di sopra dei 500.000 euro. Lontano dagli strepiti che vengono da destra, da centro (e anche da sinistra), essa appare come una misura di buon senso, di giustizia sociale, ovvero ciò che ispira la nostra stessa Costituzione. Dopo la Spagna e il Belgio che già si sono mosse in tal senso, sarebbe auspicabile che, anche in Italia, ci si iniziasse a muoverci per ridurre le disuguaglianze già esplose e che saranno necessariamente ancor più evidenti quando la pandemia calerà. Si potrebbe parlare anche della sortita, piuttosto estemporanea, di una pattuglia di parlamentari che hanno aspettato così tanto per chiedere tale misura. Si potrebbe raccontare del silenzio assordante dei corpi intermedi (quelli che ci rimangono) che avrebbero dovuto accompagnare e sostenere una proposta così importante e necessaria. Meglio lasciar perdere le polemiche di casa e concentrarci dinanzi a un obiettivo di inversione di tendenza generale che investirebbe la fase storica e del quadro politico, a tratti disarmante. Va anche ricordato, però, che i grandi capitali sono mobili e spesso sfuggono a tali misure tributarie. Elisabeth Warren, per esempio, nel corso dell’ultima campagna per le primarie americane ha proposto l’introduzione di una patrimoniale annuale del 2% sui patrimoni sopra ai 50 milioni di dollari, e del 3% sui patrimoni sopra al miliardo. L’obiettivo per la Warren era il Bigh Tech, ovvero dove si concentrano le ricchezze e, spesso, oggetto di aliquote irrisorie. Fare un salto di qualità (e di quantità), anche sotto questo aspetto, è necessario ed è ora per provare a rianimare, anche in Italia, le rattrappite coscienze del mondo dei lavoratori e delle lavoratrici.
Francesca Giambi
Il 2020, nel rapporto Censis, è l’anno dove le disuguaglianze hanno raggiunto i livelli massimi, certamente anche per la pandemia. In tale rapporto si riporta come il divario tra i poveri e i ricchi sia enorme: il 3% degli italiani possiede il 34% della ricchezza. Crescono i miliardari!Di fronte a questo dramma sociale dove i poveri sono sempre più poveri dovrebbe venire spontaneo riflettere su qualche manovra che non accentui tale frattura anche per evirate rivolte sociali che per ora non si vedono.Il parlamento italiano dovrebbe discutere e approvare la proposta di legge presentata da Fratoianni, Orfini e Paglia, che per semplificazione è stata indicata come patrimoniale.Ma proprio questa parola ha sconvolto, perché il termine patrimoniale è un tabù e forse non si è nemmeno letto cosa realmente è scritto nella proposta. Per il deputato Paglia “la battaglia è da fare ora contro l’1% che durante la crisi si è arricchito e a favore di buona parte di ceto medio e famiglie operaie che devono usare la 13esima per pagare l’Imu sulla casa ereditata dai padri perché non riescono a venderla”. Il famoso ceto medio!Sui social leggo risposte di persone disgustate dalla proposta di patrimoniale e che, senza pudore, si oppongono a questa riforma “criminale” con banalità del tipo: “ho lavorato sodo una vita e mi volete portare via soldi?”. Ma da quando un lavoratore può avere un patrimonio individuale di 500000€ con stipendi tra i più bassi d’Europa? Allora sono davvero tantissimi i ricchi?Questa riforma prevederebbe una tassazione progressiva sui patrimoni a partire da 500000€ con un’aliquota di 0,2%, salendo allo 0,5% sopra il milione, 1% sopra i 5 milioni fino ad arrivare al 2% sopra i 50 milioni di euro. In questa proposta si toglie l’Imu sulla seconda casa per tutti. E questo non è a favore di ceto medio e ceto operaio?
La proposta di patrimoniale è un’imposta ordinaria sostitutiva sui grandi patrimoni che prende a riferimento il modello spagnolo (1% sui patrimoni sopra i 10 milioni di euro) ed ha due obiettivi: mettere ordine in un sistema fiscale irrazionale e frammentato e, secondariamente, colpire in modo graduale i patrimoni dei più ricchi per finanziare la spesa sociale.
Mi chiedo: perché questa rigidità di non volere analizzare la proposta? Mi rispondo: perché siamo un paese di destra, siamo un paese dove anche il più grande partito di sinistra, il pd, ha abbandonato le sue radici ed ha sposato il più bieco neo-liberismo.In questo momento dovremmo riuscire a vedere la realtà vera che ci circonda, dovremmo capire che la gente soffre e non pensare ad una messa celebrata alle 20, a non poter fare festini, perché tante persone, precarie, disoccupate, magari fanno la fila alla caritas.
È atroce pensare di essere diventato un paese così poco umano, poco responsabile e soprattutto di un individualismo “furbetto”. È vero, si dovrebbe riformare il catasto… ma si potrebbe anche fare pagare finalmente qualcosa alle “case fantasma” individuate con i droni.L’evasione fiscale ha raggiunto livelli spaventosi e non certo per i dipendenti pubblici ed i pensionati; vorrei che non si confondesse questa proposta di patrimoniale con i precedenti, quale il prelievo forzoso del 1992, quando, nella notte tra il 9 ed il 10 luglio, si prelevò il 6% dei conti correnti di tutti gli italiani. Le due cose non sono minimamente paragonabili!In Italia il rapporto debito-pil è stimato crescere fino ad oltre il 166% e rispetto al 100% di 28 anni fa (1992), credo che ognuno possa capire che il problema vada analizzato senza apriorismi e risolto urgentemente.
E allora, se non ora, quando?
Dmitrij Palagi
Ci sono le assolute minoranze, come quella delle 21 persone che in Italia possiedono il patrimonio che corrisponde a quello che si ottiene sommando quanto possiede il 20,3% della popolazione (quindi 21 miliardari che “valgono” economicamente quando 12 milioni di persone). Poi ci sono i ricchi che si sentono classe media e la classe media che si sente in condizioni di povertà. Il tema della percezione della propria situazione sociale è di grande attualità. La coscienza delle classi sociali è una delle questioni del XXI secolo. Anche perché con il termine borghesia oggi non neanche così pacifico capire chi si vuole indicare.
La disugualianza si fa sempre più netta all’interno del mondo occidentale, mentre a livello globale diminuisce il divario tra i diversi paesi, giustificando quella sensazione di decadenza del blocco atlantico che fa sentire le cittadinanze “sulla stessa barca”.
Nell’analisi della stampa di questi giorni lo slogan del 2007 di Rifondazione (“anche i ringhi piangano”) è stato additato come una causa di perdita di consenso, senza alcun reale dato a proprio sostegno, anche se è vero che di lì a poco la sinistra sarebbe sparita dal Parlamento, in nome del bipolarismo sognato da Veltroni. Un emendamento segnato da un incidente sul parere tecnico può essere la strada giusta per ridare centralità al tema della disugualianza nel Paese?
Purtroppo c’è da dubitarne. Dentro il Parlamento della Repubblica italiana il dibattito più decisivo appare quello sulla ridefinizione del MES. Fuori dal Parlamento continua a registrarsi un gran vuoto. Come se non contassero i rapporti di forza nella società…
Jacopo Vannucchi
Naturalmente non stupisce che la destra si schieri contro l’ipotesi di un prelievo fiscale sui grandi patrimoni, né stupisce molto il fatto che questa levata di scudi si estenda, sia pure con toni diversi, anche a partiti di centrosinistra. Il venir meno del finanziamento pubblico dei partiti ha delle conseguenze abbastanza intuitive sulle fonti di finanziamento delle organizzazioni politiche, che comprensibilmente cercano di non dare dei dispiaceri ai loro sovvenzionatori.Ciò che invece stupisce, almeno a prima vista, è che nemmeno a sinistra si legga la questione sotto l’aspetto (se vogliamo, cinico) della raccolta del consenso. In questo momento assistiamo all’esasperazione della crescita di diseguaglianze che impediscono specialmente ma non solo alle generazioni più giovani di poter pianificare la propria vita familiare e lavorativa; si potrebbe quindi ipotizzare che la richiesta a possessori di grande ricchezza di contribuire progressivamente alla ripresa economica goda di una consistente popolarità.
Non sembra essere questo il ragionamento operato, ad esempio, dal PD. Influiscono, evidentemente, preoccupazioni comprensibili riguardo la tenuta del Conte II, ma se fosse soltanto questo ci si aspetterebbero dichiarazioni del tipo “la patrimoniale sarebbe giustissima, ma non vi sono le condizioni politiche”. Resta invece il dubbio se i silenzi e le titubanze siano dovuti al calcolo che la patrimoniale ha un tasso netto di impopolarità oppure all’assenza di qualsivoglia ragionamento in materia.
Limitandoci qui al primo caso, tale calcolo sarebbe giusto o no? Per una forza tanto descamisada come il M5S, è singolare che neppure dalla sua ala “sinistra” (?) siano giunte manifestazioni quantomeno di interesse verso la proposta Orfini-Fratoianni-Paglia. Non si può dunque escludere che il nome solo di imposta patrimoniale spaventi anche settori di elettorato popolare, dove evidentemente c’è una enorme difficoltà cognitiva a capire che i propri interessi non coincidono con quelli dei ricchi sopra i 500.000 euro.
Alessandro Zabban
Difficile vedere il bicchiere mezzo pieno nella discussione politica che interessa l’introduzione di una tassa patrimoniale. Da una parte certamente qualcuno potrebbe dire che già il fatto che se ne parli, rappresenta un passo in avanti sensibile rispetto a una situazione pre-Covid nella quale l’argomento era un tabù assoluto. Dall’altra però non possiamo non notare come la maggioranza delle forze politiche resti fortemente ostile rispetto a qualsiasi progetto di inserire una tassa che colpisca i superricchi.
In Parlamento, ad eccezione di LeU, non esistono partiti a favore della patrimoniale. Il PD da cui ci si dovrebbero aspettare delle misure concrete per provare a rendere meno iniqua la distribuzione della ricchezza in Italia, che ha raggiunto cifre intollerabili, è molto diviso in merito, dimostrando ancora una volta come l’addio di Renzi non abbia spostato il partito più di tanto dalla sua posizione al centro dello schieramento politico. Il 5S pare altrettanto combattuto in merito, rendendo difficile pensare a un intervento fiscale sulla falsariga di quello spagnolo.
Quelle di cui si discute sono proposte di patrimoniale o di prelievo ai cittadini milionari estremamente moderate tanto che, più che una battaglia di sinistra, può essere definita una battaglia di civiltà, che ancora una volta l’Italia sta perdendo.
Foto di Freepenguin da commons.wikimedia.org
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